Autore: Franco Zavatti
Data di pubblicazione: 11 Agosto 2018
Fonte originale: http://www.climatemonitor.it/?p=48996
Premessa
L’annunciata serie di articoli sul livello del Mediterraneo, di Donato Barone, di cui è uscita la prima puntata su CM, mi ha spinto a ricontrollare i risultati di due miei articoli precedenti, sulla crescita e l’accelerazione del livello del mare in varie zone del globo, tra cui l’Italia, il primo (d’ora in poi CM49) e sulla presenza dello shift climatico della fine degli anni ’80 del secolo scorso nei dati mareografici del Mediterraneo il secondo (d’ora in poi CM83).
Poi, un commento di Robertok06 all’articolo di Donato Barone mi ha rimandato alla tesi di dottorato (2016) di Marco Olivieri dove, tra le molte informazioni interessanti, si accenna ad una possibile periodicità di 60 anni presente nelle misure.
L’articolo di Olivieri e Spada del 2013, sempre citato da Robertok06, mi è sembrato meno interessante ai fini di questo articolo. Forse si possono trovare lavori e dati globali più completi (ad es. Jevrejeva et al, 2008; Colorado Univ. Sea Level Research Group; EPA).
Ho quindi deciso di utilizzare i dati EPA (medie annuali globali) per verificare la presenza del periodo di circa 60 anni riferito nella tesi di Olivieri.
Nel riguardare i dati mensili delle stazioni del Mediterraneo, ho notato (v. fig.1, pdf) che la funzione di autocorrelazione (ACF) delle tre stazioni italiane presenta sistematicamente una maggiore persistenza, rispetto alle altre tre stazioni, che testimonia la necessità di correggere gli spettri per la memoria a lungo termine.
Fig.1: Confronto tra le ACF di tre stazioni italiane e tre stazioni dell’Adriatico orientale. Notare come le stazioni italiane contengano più persistenza delle altre. Il grafico in basso è lo zoom sui primi 5 mesi (lag).
Ricordo brevemente che per dati teorici non autocorrelati l’ACF vale 1 a lag 0 e 0 per tutti gli altri lag. Dati reali non autocorrelati avranno lo stesso andamento ma con fluttuazioni più o meno ampie attorno allo zero. Nel caso di figura 1, le stazioni della costa ex-jugoslava mostrano proprio fluttuazioni attorno allo zero, in particolare se si considera l’andamento asintotico; per le stazioni italiane l’oscillazione avviene attorno al valore 0.3 e mostra la presenza di memoria a lungo termine, anche se non particolarmente forte.
I Dati
Qui uso due tipi di dati:
- il livello marino medio globale disponibile sul sito dell’EPA (agenzia americana per la protezione dell’ambiente) come valori annuali dal 1880 al 2013 e
- il livello marino medio mensile di 23 stazioni mareografiche del Mediterraneo, disponibili al sito PSMSL; queste ultime sono le stesse mostrate in CM83 con l’aggiunta della stazione di Bakar (Croazia) e quindi sono vincolate alla presenza di dati nel periodo attorno allo shift climatico della fine degli anni ’80. L’estensione temporale di queste serie è compresa tra 28 e 143 anni. Rimando a CM83, al suo sito di supporto e al sito di supporto di questo articolo per tutti i valori disponibili.
Dati globali
I dati globali sono in figura2 (pdf) insieme ai fit lineare e parabolico e ai loro parametri.Da notare il valore dell’accelerazione molto vicino a quello pubblicato in Church and White, 2006 (0.013±0.006 mm/yr^2, da Olivieri, tesi, pag.27). Nei quadri in basso lo spettro Lomb a due livelli di dettaglio.
Fig.2: Dati annuali globali del livello marino e loro spettro Lomb. Nello spettro sono identificati i periodi (in anni) di molti massimi, indipendentemente dalla loro potenza. La “siepe” di massimi di bassa potenza nella parte sinistra dello spettro in basso è l’insieme delle firme di El Nino.
In questo spettro, oltre al massimo principale a 132 anni, il massimo di periodo 55-60 anni sembra confermare quanto scritto da Olivieri nella sua tesi e anche il fatto che le grandi oscillazioni oceaniche (AMO, NAO, AO, PDO, …) lascino un segno nello spettro del livello marino. I periodi tra 7.5 e 30 anni trovano anch’essi un riscontro nello spettro di NAO invernale (DJFM), ad esempio nella figura 6 di questo articolo su CM (in cui NAO è confrontata con l’Indice Mediterraneo MOI).
Nella “siepe” di massimi di bassa potenza e alta frequenza dei dati EPA si notano -pur non essendo indicati dal valore del periodo- quelli a ~1.3 e a ~3.9 anni e in generale quelli tra 1 e 7 anni (estremi esclusi) che identificano l’influenza di El Niño (ad es. qui, figura 5).
Quando, però, si osserva la funzione di autocorrelazione dei dati EPA di figura 3 (pdf) e la si confronta con quella della derivata prima numerica dei dati “osservati” si vede che una correzione è necessaria.
Fig.3: ACF dei dati globali EPA e confronto con l’ACF della derivata prima dei dati stessi. Si noti come la derivata cancelli quasi completamente l’autocorrelazione. Come ormai abituale, i valori di H (l’esponente di Hurst) non sono attendibili, essendo calcolati sull’ACF a lag 1 mentre dovrebbero tenere conto del valore asintodico dell’autocorrelazione.
La correzione, mostrata in figura 4 (pdf), cambia poco la distribuzione dei massimi spettrali (cancella il massimo a 132 anni e, forse, ne trasferisce in parte la potenza ai due massimi a 73 e 51 anni) ma cambia il rapporto tra le potenze, in particolare rendendo quella della “siepe” tra 1 e 7 anni ricordata sopra la maggiore di tutto lo spettro. I massimi tra 7 e 30-35 anni sono ancora facilmente identificabili.
Fig.4: I dati EPA e il loro spettro Lomb, dopo l’uso della derivata prima. Come in tutti i grafici, i periodi minori o uguali a 1 anno non vengono presi in considerazione, assumendo che rappresentino fluttuazioni stagionali.
In conclusione, i dati globali del livello del mare, dopo la correzione per la memoria a lungo termine, non confermano -o confermano in modo non troppo nitido e con bassa potenza- la possibilità di un periodo di 60 anni derivabile dai mareografi. Viene invece messa in evidenza l’influenza globale di El Niño.
Dati del Mediterraneo
Per le 23 stazioni mareografiche del Mediterraneo elencate nella tabella successiva ho calcolato gli spettri Lomb dei valori osservati e delle loro derivate prime ed anche le funzioni di autocorrelazione di entrambe.
La tabella riporta il nome della stazione, la nazione, l’estensione temporale e l’intervallo dei dati. Il foglio di calcolo nel sito di supporto riporta anche la presenza di almeno un massimo spettrale nei 6 intervalli in cui sono stati divisi i periodi disponibili (1=presenza; 0=non presenza) e per l’intervallo 1-7 anni (El Niño) il dettaglio dei periodi su 6 intervalli. Le stesse informazioni sono ripetute per le derivate prime -i dati corretti per la persistenza. Dodici “brutali” istogrammi mostrano, anche in forma grafica, in quanti dei primi 6 intervalli sono presenti massimi spettrali.
Rimando al sito di supporto per i grafici e i valori numerici di tutte le stazioni, mentre i parametri dei fit lineare e parabolico sono qui.
Mostro a titolo di esempio il più breve (28 anni, Iraklion) e il più lungo (143 anni, Trieste1) dei dataset disponibili.
Fig.5: (pdf). Spettro dei valori osservati di Iraklion.
Fig.6: (pdf). Spettro delle derivate prime di Iraklion. Con una serie lunga 28 anni e con una mancanza di dati di circa 3 anni complessivi, il periodo molto debole di 35 anni deve essere considerato spurio o, almeno, soggetto ad una incertezza molto elevata.
Fig.7: (pdf). Confronto fra le ACF delle due serie precedenti.
Fig.8: (pdf). Spettro dei valori osservati di Trieste 1.
Fig.9: (pdf). Spettro delle derivate prime di Trieste 1.
Fig.10: (pdf). Confronto tra le ACF delle due serie precedenti.
In conclusione, i mareografi del Mediterraneo mostrano molte similitudini con il livello dell’Oceano globale;
- in particolare il periodo 60-80 anni che viene registrato dalle serie osservate di adeguata lunghezza, ma che scompare con l’uso della derivata prima.
- I periodi legati (presumibilmente) a El Niño sono massicciamente presenti nelle serie mediterranee (dal 100% dei casi per 1-2 anni al 50% per 6-7) e denotano una vasta influenza dell’oscillazione del Pacifico tropicale, anche dopo la correzione per la persistenza (ad es. per 6-7 anni la percentuale scende dal 50 al 46).
- I periodi nell’intervallo 10-50 anni nel Mediterraneo si osservano anche negli spettri (sia osservato che corretto per la persistenza) dell’indice SOI (Southern Oscillation Index) calcolato dal BOM (Bureau Of Meteorology) australiano, che io ho chiamato SOIBOM, il più esteso tra quelli disponibili (1876-Nov.2016). SOIBOM e il suo spettro è disponibile sul sito dell’atlante spettrale o, su CM, qui.
Un’ultima curiosità: A pagina 40 della tesi di Olivieri si sottolinea l’esistenza di una relazione tra la lunghezza del record e l’accelerazione; questa relazione viene mostrata in forma grafica nella figura 2.9. Applicando lo stesso sistema ai dati del Mediterraneo (sia all’accelerazione che alla pendenza) si ottengono i grafici di fig.11 (pdf).
Fig.11: Relazione tra accelerazione e pendenza dei fit parabolici e lunghezza in anni dei dataset. Questa figura può essere confrontato con la figura 2.9 a pag.40 della tesi di Olivieri.
Le accelerazioni di dataset con estensione temporale minore di 50 anni sembrano essere più disperse di quelle con range più estesi. La relazione lineare tra range e accelerazione, per estensioni minori di 50, anni dovrebbe essere solo apparente e dovuta al numero non elevato dei dataset: infatti il confronto con la figura 2.9 di Olivieri mostra che in generale la dispersione più grande è simmetrica rispetto alla linea di accelerazione nulla.
Una situazione analoga si verifica con la pendenza, più stabile dopo i 50 anni di estensione del dataset.
Bibliografia
- Church, J. A., White, N. J.: A 20th century acceleration in global sea–level. Geophys. Res. Lett., 33, L01602, 2006.
- S. Jevrejeva, J.C. Moore A., Grinsted and P. L. Woodworth: Recent global sea level acceleration started over 200 years ago? , Geophys. Res. Lett., 35, L08715, 2008.dx.doi.org/10.1029/2008GL033611
- Olivieri M., Spada G.: Intermittent sea-level acceleration , Global and Planetary Change, 109, 64-72, 2013. doi:10.1016/j.gloplacha.2013.08.004