La popolare rivista Wired ha pubblicato nei giorni scorsi un articolo che dà da pensare su quanto stia succedendo attorno all’eterno tema “Cambiamento climatico antropogenico SI'” o “Cambiamento Climatico Antropogenico NO”.

L’incipit è quanto mai illuminante:

Sabato mattina, la costruzione a mattoni bianchi del campus universitario di Berkeley era irradiato da luce solare non filtrata. Il cielo era blu, il campanile scintillante. Ma invece che godersi la splendida giornata, 200 adulti si sono spontaneamente stipati come sardine nella stanza a luce al neon della biblioteca Doe, per salvare i dati federali sul clima.

Come altri gruppi nel Paese – in più di 200 città – essi credono che l’amministrazione Trump voglia far sparire questi dati in un buco nero. Perciò, questi hacker, scienziati e studenti, li stanno raccogliendo al di fuori dai server federali.

Ma ora, si stanno spingendo anche oltre. Gruppi come DataRefuge e Environmental Data and Governance Initiative, che hanno organizzato questa operazione di hackeraggio per raccogliere dati dai programmi scientifici della NASA  e del Dipartimento dell’Energia che riguardano la Terra, stanno facendo più che semplici archivi. Stanno costruendo un sistema robusto di monitoraggio dei cambiamenti a cui andranno incontro i siti web federali. E ne stanno tenendo traccia, soprattutto di ciò che verrà rimosso – per sapere esattamente quando la potatura è cominciata.

Intendiamoci, nell’articolo si legge che il download è fatto in modo del tutto legale, anche dai siti che richiedono un accesso tramite login.

 

L’attività è frenetica e febbrile, come si legge più avanti:

Non c’era tempo sufficiente perché ciascuno cominciasse a fare Coding, ma diversi volontari si sono impegnati per costruire tools ad hoc.  E’ proprio la direzione immaginata da DataRefuge e da EDGE – una rete decentralizzata che coinvolge tutti e 50 gli Stati e il Canada. Alcuni riescono a lavorare da casa. Altri riescono semplicemente a raccoglierne pochi per volta ogni giorno.

Alla fine della giornata, il gruppo aveva scaricato 8,404 dati dalla NASA e da DOE in un Archivio Internet, mettendo al sicuro tutti [i dati relativi] agli sforzi della NASA [per studiare la terra]. Avevano anche costruito backdoors, per scaricare 25 gigabyte da 101 database pubblici e si aspettavano una mole di dati anche maggiore proveniente dai dataset ampi, che terminavano di fare il loro lavoro. Ma anche se hanno festeggiato davanti ad un boccale di birra in Euclid Street, l’umore è sobrio.

C’era ancora molto lavoro da fare.

Dall’articolo, che potete leggere integralmente qui, emerge il ritratto di veri e propri Salvatori dell’Umanità. Ma sarà poi vero? Quali dati stanno mettendo al sicuro? Quelli veri o quelli che la NASA ha modificato ad hoc? E con quale scopo? Per chi avesse voglia di approfondire, ne abbiamo parlato qui e qui.

Non abbiamo risposte. Certo è che il dubbio viene. Anzi, *deve* sorgere perché la nostra capacità critica deve sempre essere accesa.

Sara Maria Maestroni
Attività Solare