Autore: Guido Guidi
Data di pubblicazione: 27 Febbraio 2016
Fonte originale: http://www.climatemonitor.it/?p=40666
La grafica dice molto più di mille parole. Già nei primi mesi dell’anno scorso, con le prime avvisaglie di quello che poi si è rivelato essere un evento ENSO positivo molto intenso, si è molto dibattuto sul paragone con il precedente del 1997. Ora che El Niño 2015 ha iniziato la sua fase discendente (commentata anche la settimana scorsa sulle nostre pagine), le due evoluzioni possono essere messe a confronto.
Sul sito web della NASA, sono stati pubblicati dei video molto interessanti, due per le temperature di superficie e due per quelle nello strato sottostante, dove si cela la maggior parte del calore che viene redistribuito tra il Pacifico occidentale e quello orientale durante gli eventi. La differenza più significativa, nel contesto di due episodi che hanno comunque fatto segnare dei record nella fase di picco, è nella situazione pre-esistente all’incipit della loro insorgenza.
Nel 1997, le temperature superficiali del Pacifico orientale erano consistentemente sotto la media quando le Kelvin Waves subsuperficiali provenienti dal Pacifico occidentale hanno iniziato a trasportare calore verso le coste dell’America Latina. Diversamente, nel 2015, si è partiti da una situazione di temperature già superiori alla norma.
In valore assoluto, quindi, El Niño 1997 ha avuto bisogno di più calore per arrivare al picco. Con riferimento allo strato sottostante la superficie, nel 1997 le anomalie negative del Pacifico occidentale e quelle positive della porzione orientale erano più accentuate di quanto non lo siano state nel 2015.
Una differenza che stando alle simulazioni modellistiche si protrarrà fino alla fine dell’evento.
Tutto questo non stupisce. Al di là dell’ovvio, due eventi di questa ampiezza spaziale e temporale è ben difficile che presentino delle caratteristiche similari, soprattutto per le differenti condizioni di partenza. Questi aspetti sono ben noti a chi lavora quotidianamente con i modelli che simulano il comportamento del sistema nel brevissimo e breve periodo: l’analisi, le condizioni iniziali, sono sostanziali ai fini dell’evoluzione di una dinamica. Al crescere del range temporale della previsione, le condizioni di partenza dovrebbero tendere a divenire meno importanti, eppure non è così, anche per eventi che coprono praticamente l’arco di un anno o due. E le condizioni iniziali non sono mai note come dovrebbero esserlo. Di qui la difficoltà dei modelli a delineare le dinamiche dei prossimi mesi.