Autore: Carlo Colarieti Tosti
Data di pubblicazione: 29 Novembre 2016
Fonte originale: http://www.climatemonitor.it/?p=42899

 

Sperando di farvi cosa gradita, pubblichiamo il primo Outlook per l’inverno 2016-2017. Come sempre un grazie enorme all’amico Carlo Colarieti.

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I gentili lettori avranno notato il ritardo con cui questo articolo è stato redatto e pubblicato. In verità la causa non è legata a lungaggini sull’interpretazione dei dati, ma più semplicemente al fatto che altri impegni ci hanno impedito la normale trattazione dell’argomento. Comunque meglio tardi che mai…

Per aumentare la suspense non tratterò subito l’argomento outlook ma voglio cominciare facendo il punto della situazione sull’indice IZE che ormai da un paio di anni è stabilmente in uso per la formulazione dei nostri outlook invernali.

Molto brevemente spiego che lo sviluppo del modello alla base dell’indice IZE iniziò nel 2010 nella sua versione zero, che definirei piuttosto rudimentale, con la trasformazione di una intuizione in un algoritmo. In questa fase è stato dedicato anche del tempo alla ricerca dei punti latitudinali ottimali e dei livelli di pressione da utilizzare. Sia pure con uno strumento acerbo, si denotarono i primi segni interessanti e quindi decisi di insistere nello sviluppo. Nel 2011 il modello era già alla versione 1.0. Sono poi arrivati vari aggiustamenti che nel 2012 hanno portato alla versione 1.5 e nei successivi due anni ho apportato altre variazioni con le versioni dalla 1.6 alla 1.8. Nel 2013 è stato sommariamente utilizzato assieme ai classici indici per la formulazione dell’outlook invernale pubblicato proprio su Climate Monitor nel quale ho scritto in riferimento al modello per l’elaborazione dell’indice IZE: “…Premetto che i prodotti in questione sono sperimentali e tutt’ora in fase di sviluppo…“.

A seguito della stagione 2014-2015, nella versione 1.8 in cui si registrò lo scarto più consistente del valore di prognosi dell’indice AO da quello osservato, ho eseguito una più profonda revisione che nel 2015 lo portò alla versione 2.0 utilizzata fino ad oggi. Questa versione aggiunge un secondo momento di elaborazione e ne migliora il primo. Nella fattispecie il primo momento utilizza i dati di analisi delle componenti vettoriali del vento a varie quote su due precisi intervalli latitudinali lungo tutto il mese di ottobre. Il secondo momento di elaborazione inizia dal primo di dicembre a seguito delle prime osservazioni dell’indice AO che vengono fornite al modello per il controllo e l’allineamento dell’output sulla base, appunto, di ciò che realmente si registra. Questa fase non rielabora i dati ottenuti dalla prima fase del mese di ottobre, ma opera una sintonizzazione sia temporale che di ampiezza del segnale già previsto nell’elaborazione di ottobre. Il modello alla base dell’indice IZE, in grado di prevedere l’andamento invernale dell’indice AO, fornisce output con serie temporali di tre giorni così che potenzialmente è possibile prevedere l’andamento dell’indice AO a scadenza di tre giorni lungo tutto il trimestre invernale. Non mi dilungherò oltre perché questo articolo non rappresenta la sede adatta ma segnalo che si ottengono risultati sorprendenti di prognosi dell’indice AO medio stagionale.

Al fine di semplificare quanto detto pubblico in figura 1 qui sotto il grafico che rappresenta l’abilità del modello comparando i valori previsti dell’indice AO con quelli realmente osservati dalla stagione invernale 2011-2012 fino alla scorsa stagione. Si può notare la perfetta prognosi dell’oscillazione dell’indice AO e un’ottima previsione puntuale dei valori medi stagionali.

01_abilitaize

Chiusa questa prefazione breve, ma a mio avviso doverosa, entriamo maggiormente nel dettaglio di analisi dei vari indici. Fondamentale uno sguardo allo stato di attività del nostro Sole controllando l’andamento del numero di macchie dal 2010 allo scorso ottobre (vedi figura 2).

02_macchie-solari

Dal grafico si può facilmente notare come il massimo solare del ciclo 24 sia ormai alle nostre spalle e dai primi mesi del 2015 l’attività abbia subito un calo destinato a proseguire portandoci al prossimo minimo che verosimilmente sarà abbastanza lungo e, come visibile dalle figure 2a e 2b, atteso tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020. A riguardo delle figure 2a e 2b, queste rappresentano l’andamento delle macchie solari osservate e previste secondo un nostro modello proprietario che come apprezzabile dai medesimi grafici offre interessanti risultati. Guardando con maggiore attenzione alla figura 2b, e volendo sbilanciarci ad un futuro più lontano, il modello sviluppato ci indica che il prossimo ciclo avrà più o meno lo stesso numero di macchie dell’attuale ciclo 24 (forse qualcosa in meno), mentre il minimo seguente sarà più profondo ed anticiperà un ciclo 26 piuttosto debole come anche piuttosto lungo dovrebbe essere il successivo minimo. Il prossimo ciclo 26 appena menzionato sarà oggetto di futura attenzione perché potrebbe registrare nel suo massimo un numero di macchie attorno al limite di soglia delle 52, a cui noi ci riferiamo per determinare la forza del ciclo (superiore alle 52 è forte, inferiore alle 52 è debole), aprendo una possibile fase di bassa attività solare che potrebbe durare circa una ventina d’anni (dal 2027 al 2047 circa).

 

02a_macchie-solari-previste

02b_macchie-solari-previste

Tornando alle vicende più prossime possiamo osservare dalla figura 3 la progressione del numero di macchie del ciclo 24 con riferimento al valore di soglia di 52. Si evince che dal gennaio 2015 il Sole è entrato nella nuova fase di bassa attività. Determinato lo stato di bassa attività solare è doveroso controllare la circolazione stratosferica equatoriale rientrante nell’indice QBO e riferita alla quota isobarica di 30hPa. Dalla figura 4 possiamo notare in blu i dati riferiti al 2016 fino al mese di ottobre e in rosso i dati del 2015.

03_progressione-ssn

04_progressione-qbo30hpa

Dall’esame dei dati non possiamo fare a meno di notare come l’indice avrebbe dovuto trovarsi in fase negativa e invece risulta cospicuamente positivo. Seguendo il periodo medio di 18 mesi, i valori massimi negativi avrebbero dovuto collocarsi tra la fine della scorsa estate e l’inizio del presente autunno. Invece a partire da maggio scorso la QBO ha invertito la sua tendenza risalendo a valori molto prossimi al massimo positivo del 2015. Spesso il binomio bassa attività solare con positività dell’indice QBO è favorevole ad un rafforzamento del vortice polare con un incremento della circolazione zonale alle alte latitudini ed un incremento della pressione nella fascia delle medie latitudini. Questa semplificazione ha le sue eccezioni ed infatti non trova conferme nelle condizioni attuali della circolazione. Un buon tracciante di quanto appena descritto è la circolazione dell’ozono facente capo alla Brewer Dobson Circulation (BDC).

05_toms_capn_2016

Seguendo la linea blu in figura 5 è facilmente apprezzabile il notevole incremento del gas stratosferico a partire dalla fine di ottobre, cosa che segnala una vivace circolazione meridionale in grado di trasportare ozono dalle zone stratosferiche equatoriali (sede di produzione) a quella polare del nord emisfero. Il tracciante ozono ci segnala dunque un vortice polare stratosferico disturbato con presenza di importanti flussi di calore e un precoce sviluppo dell’anticiclone delle Aleutine. A conferma di quanto detto arrivano a supporto i grafici in figura 6 e 6a riguardanti rispettivamente l’andamento dei flussi di calore medi totali alle quote isobarica di 10hPa e 150hPa.

06_flussi_calore_totali_10hpa

06a_flussi_calore_totali_150hpa

Per entrambi i grafici le linee blu corrispondono ai dati osservati, le linee rosse ai dati previsti e le linee verdi ai rispettivi dati medi per il periodo. Si nota molto bene che dalla terza decade di ottobre i flussi sono stati sempre superiori alla media. Tale situazione è destinata a perdurare anche nel prossimo futuro non solo mantenendone la tendenza ma incrementando l’anomalia, finendo poi per condizionare ulteriormente il normale sviluppo del vortice polare stesso. La rappresentazione plastica di quanto appena descritto è riassumibile dalle figure 7 e 8 rispettivamente della posizione media del vortice polare alla quota isobarica di 10hPa lungo tutto il mese di ottobre e la posizione media del suo asse maggiore con il relativo centro di massa.

07_h10hpa_ottobre

08_asse-medio-10hpa-autunno-2016

Specificando meglio alcune informazioni provenienti da quest’ultimo grafico si segnala la bassa oscillazione dell’asse sul suo centro di massa con appena 16° sulla sua posizione mediata sull’intero mese, a significare che la presenza dell’alta delle Aleutine e dell’onda atlantica hanno avuto una buona e precoce azione bloccante. Lo sviluppo dell’alta delle Aleutine è incentivato dalla buona ampiezza dell’attività convettiva pacifica che dal grafico relativo all’indice della MJO si evidenzia nelle fasi 7, 8 e poi 1 (vedi figura 9). Tale struttura è pure enfatizzata dalla presenza di una fase ENSO tra il neutro e il debolmente negativo. Il complesso impianto circolatorio ha favorito e favorisce la diminuzione del gradiente meridionale di temperatura tra le basse e le alte latitudini del nostro emisfero determinando un netto rallentamento delle correnti zonali alle alte latitudini e una intensificazione nelle basse latitudini.

 

09_obs_phase40_full

Tale situazione è ben evidenziata dalle figure 10 e 10a rappresentanti rispettivamente l’anomalia del vento zonale e l’andamento osservato e previsto nei prossimi giorni dello stesso alla latitudine di riferimento di 60°N alla quota isobarica di 10hPa. Il pattern complessivo ci suggerisce che esiste un insieme di forzanti troposferiche che determinano quanto sopra descritto e verosimilmente continueranno anche in futuro, lungo l’intera stagione, a condizionare il pattern tropo-stratosferico.

 

10_anomzw10hpa

10a_zw10hpa

Anche l’indice IZE ha ben evidenziato quanto sopra descritto.

Entriamo nel dettaglio di quanto elaborato dal modello. L’output ci indica una complessiva circolazione lenta alle alte latitudini per tutto il trimestre invernale. In verità per i primi giorni di dicembre il modello propone una circolazione zonale alle alte latitudini che si aggira attorno ai valori normali per poi, successivamente, iniziare a calare. Nello stesso periodo le basse latitudini evidenziano mediamente una anomalia negativa, motivo per il quale si attende una circolazione a pattern AO mediamente positivo con la possibilità di qualche disturbo verso la seconda metà della prima decade quando il modello presenta un segnale di attività d’onda e una flessione dell’AO.

Comunque, nel complesso, la prima decade di dicembre si desume possa essere maggiormente contraddistinta da presenza di anomalia positiva di pressione sul Mediterraneo centrale, con un flusso settentrionale a interessare l’Europa orientale. Tra la metà e la fine della prima decade di dicembre il modello prevede un primo indizio di cambio di rotta con un graduale rallentamento delle velocità zonali alle alte latitudini ed una loro intensificazione alle basse latitudini. Tra la metà del mese e l’inizio della terza decade, nell’output del modello appare piuttosto evidente un più netto cambio della circolazione con valore via via crescente dell’anomalia positiva delle correnti zonali alle basse latitudini e dell’anomalia negativa alle alte latitudini. A partire da questo periodo è previsto un brusco calo dell’indice AO che è atteso portarsi a valori negativi rimanendovi, salvo brevi eccezioni, per tutto il resto della stagione.

Nella fase di prima elaborazione del modello alla base dell’indice IZE la previsione trimestrale della stagione invernale 2016-2017 dell’indice AO viene fissata ad un valore medio di -0,7, con valore negativo mensile più basso raggiunto nel mese di febbraio.

Per quanto concerne lo stato e lo sviluppo futuro del vortice polare stratosferico possiamo constatare, riprendendo i grafici nelle figure dalla 5 alla 10a esclusa la 9, che il suo sviluppo è fortemente contrastato da una consistente attività di flussi verticali appartenenti ad una costante attività d’onda come ben visibile in figura 11;attività la cui fonte principale è da attribuire alla prima onda. Il grafico però ci suggerisce che anche la seconda onda è stata particolarmente attiva determinando i flussi di calore dell’ultima decade di ottobre.

 

11_vepflux_nh

Tuttavia si evidenzia come fino ad oggi tali flussi non siano stati principalmente diretti in area polare, come riscontrabile dalla rappresentazione dei vettori nella figura 12 (notare comunque che i flussi di fine ottobre a capo della seconda onda sono stati di tipo poleward). Sempre dallo stesso grafico possiamo notare che i vettori previsti aumentano il valore di intensità ma non sono nella direzione polare. Inoltre per i primi di dicembre è previsto un loro calo, segno che il VPS subirà un tentativo di approfondimento causa proprio l’azione equatoward dei flussi stessi; un approfondimento che non dovrebbe avere particolare successo. Infatti tale dinamica non fornisce indicazioni di cambio di direzione circa un inizio di approfondimento ulteriore del vortice stesso ma piuttosto una naturale conseguenza a quanto avvenuto. Le previsioni sono infatti orientate verso una successiva ripresa dei flussi.

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Alla luce di quanto descritto non si esclude l’innesco di un improvviso riscaldamento stratosferico anche di tipo principale, semmai possibile tra la fine di dicembre e la prima decade di gennaio, con avvio sul lato siberiano e in partenza dalle quote stratosferiche superiori in propagazione alle quote inferiori. Come abbiamo scritto in fase di commento tecnico la scarsa oscillazione dell’asse del vortice polare, indotta da un’ottima azione bloccante delle due onde planetarie principali, ci suggerisce una elevata possibilità che il fenomeno di riscaldamento lo induca ad una sua scissione e una successiva difficoltà nel ripristinare il normale equilibrio termo-dinamico rimanendo piuttosto debole (al momento non è possibile escludere neppure la possibilità di un altro evento di improvviso riscaldamento stratosferico con innesco nell’ultima decade di febbraio quando l’output del modello IZE presenta una forte attività d’onda).

Tale fenomenologia avrebbe il risultato di condizionare pesantemente l’evoluzione di gran parte della prossima stagione invernale con blocchi ripetuti della circolazione zonale alle alte latitudini e frequenti circolazioni fredde alle basse latitudini. In tal senso sembrerebbe giustificarsi anche l’output del modello IZE sopra descritto.
In questo contesto potrebbero essere favoriti episodi di ciclogenesi mediterranee con richiami freddi orientali (quantomeno nelle regioni centro-settentrionali) e/o ingressi più continentali a penalizzare maggiormente i versanti adriatici e il meridione.

In dicembre, quando inizieranno a giungere i dati osservati dell’indice AO, potrà seguire la seconda fase di elaborazione del modello IZE, così che potremmo con maggiore fiducia confermare o correggere quanto qui esposto. In conclusione la prossima stagione invernale appare, sia dai vari indici classici che dal modello alla base dell’indice IZE, con caratteristiche molto più dinamiche e strutturalmente diverse dalle passate stagioni invernali.