Pubblicato da: Carlo Colarieti Tosti
Data: 17 novembre 2015
Fonte originale: http://www.climatemonitor.it/?p=39374

 

Dalla seconda parte dell’estate fino a novembre si registrano i dati necessari per studiare il comportamento del nascente vortice polare prima e della dinamica del suo sviluppo poi. Il fine è quello di stilare un possibile scenario caratterizzante la stagione invernale. Quanto segue riassume una prima analisi della situazione rispetto al neonato vortice polare che risente dei vari forcing, purtroppo solo in parte evidenziati dai vari indici oceano-atmosferici. Pur ovviamente con tutti i distinguo e cautele del caso, in base ai dati già in possesso è possibile iniziare a tracciare il probabile identikit del neo vortice polare a partire dalla sua struttura e posizione prevalente, che poi si presume finirà per condizionare l’assetto medio-climatico del prossimo inverno.

Il vortice polare è una struttura molto sensibile alle variazioni di energia disponibile che modifica sia il numero e la lunghezza delle onde che la sua complessiva espansione o contrazione latitudinale. E’ quindi di fondamentale importanza cominciare la nostra riflessione con l’esame dello stato dell’attività solare. Prima però, una breve digressione.

Innanzitutto è bene sottolineare il recente aggiornamento del data base inerente il numero di macchie solari appartenente al SIDC WDC-SILSO che ha di fatto scombussolato la dinamica e la tecnica di interpretazione dei dati. La causa è nel diverso aggiustamento (ufficialmente ricalcolo) del numero di macchie lungo l’intero data base del quale il prof. Franco Zavatti ha qualche tempo fa ampiamente discusso qui su Climate Monitor. In questo lavoro sono stati evidenziati egregiamente i vari dubbi e punti di incertezza (ai quali mi associo) sulla metodica usata per la “correzione” dei dati. Il nuovo archivio in realtà obbliga a modificare tutta la statistica e gestione della serie. Visto il problema non proprio irrilevante è stata presa la decisione di percorrere la strada inversa compiuta dal SIDC WDC-SILSO cercando di riportare i nuovi dati della versione 2 il più possibile conformi alla versione 1 costruendo allo scopo un ulteriore nuovo dataset. Non descrivo qui la metodica usata ma ritengo importante evidenziare come la variazione fatta dal SIDC WDC-SILSO non sia stata uniforme lungo l’intero campionario di dati evidenziando un diverso trattamento degli stessi sia suddividendo il dataset in tronconi, amplificando alcuni massimi solari, che incrementando generosamente il numero di macchie nei periodi di massima attività. In figura 1 è rappresentata l’attività solare inerente il numero di macchie nelle versioni 1 e 2 del SIDC WDC-SILSO e nella tabella 1a il raffronto tra il tentativo di downgrade del nuovo dataset il più vicino possibile alla versione 1, ottenuto mediante opportuno calcolo. Si nota l’ottimo allineamento dei due archivi di dati.

Figura1Figura1a

Ora dobbiamo stabilire quale sia l’attuale livello dell’attività solare in riferimento al numero medio di macchie al di sopra del quale possiamo definire un’attività alta o al di sotto un’attività bassa. Il grafico in figura 2 spiega quanto descritto. Possiamo notare che l’attività solare è recentemente entrata in un periodo di relativa bassa attività e vista la sua collocazione in una più ampia fase discendente del ciclo è piuttosto plausibile ritenere che durerà, accentuandosi, per diversi anni a venire.

Figura2

Vi sono studi che offrono delle sintetiche correlazioni tra le vicende del Vortice Polare e l’intensità dell’attività solare in abbinamento al segno della QBO. Non sto qui ad elencare la varia casistica ma la fotografia dello schema in atto con QBO positiva e bassa attività solare statisticamente faciliterebbe un rinforzo della circolazione zonale alle alte latitudini con basso disturbo riconducibile all’attività d’onda subtropicale verso l’area polare; in parole povere un vortice polare forte e piuttosto chiuso. Se tutto potesse essere spiegato con questo semplice schema probabilmente le previsioni stagionali avrebbero meno margini di incertezza rispetto alle previsioni meteorologiche a media scadenza, la verità è ovviamente tutt’altra cosa. Infatti l’interpretazione tecnica dei dati, alle volte anche contrastanti tra loro, rappresenta la variabile più complessa e spesso decisiva.

Il verso di flusso dei vettori del vento a quote stratosferiche più basse, sempre riferiti alla fascia equatoriale, porta ad interpretazioni più contrastanti rispetto a quella sopra enunciata e più favorevole ad una evoluzione della stagione invernale a due volti.  L’indice oceanico del Pacifico equatoriale ENSO indica un El Niño piuttosto intenso, ma questo non è sufficiente per giungere ad azzardate e frettolose conclusioni. In realtà ciò che conta è la posizione delle masse calde oceaniche lungo la fascia equatoriale. Sul tema El Nino ho letto in rete più di qualche commento, anche autorevole, che tende ad armonizzare l’evento attuale con quello del 1997, personalmente non posso che esprimere il mio personale disaccordo. Le attuali anomalie sono maggiori in zona 3 rispetto a quanto avvenuto nella zona 1+2 nel 1997 ed inoltre i massimi assoluti di temperatura si registrano sul Pacifico equatoriale tra i 150°W e i 140°E con un punto di massima convezione attorno ai 180°.

Considerato l’indice ENSO fissiamo ora la nostra attenzione all’indice PDO che come l’ENSO è l’espressione della modifica della circolazione atmosferica con un certo ritardo temporale. L’indice è ancora in territorio positivo ma è nel suo trend di decrescita. In realtà la circolazione atmosferica media da febbraio scorso non rispecchia più la classifica configurazione da innescare o alimentare una circolazione oceanica PDO+ ma va prevalentemente instaurando una circolazione che porta ad una condizione opposta. In rete si trovano a mio parere delle linee di pensiero con gravi inesattezze circa le anomalie oceaniche e le conseguenze sulla circolazione atmosferica. Queste linee di pensiero teorizzano che anomalie negative o positive di porzioni di masse oceaniche favoriscono sopra di esse la formazione di cavi o promontori d’onda atmosferici. In verità le anomalie oceaniche sono frutto di precedenti e prolungate anomalie atmosferiche che attraverso la modifica del wind stress alterano i fenomeni di upwelling e downwelling. La circolazione oceanica, oltre ad essere termoalina, è influenzata dalla sovrastante circolazione atmosferica che ne altera la circolazione in senso verticale soprattutto in prossimità delle linee di costa, non viceversa.

Infatti guardando alla distribuzione della circolazione atmosferica, quindi della massa, questa presenta dei sensibili cambiamenti rispetto a qualche mese fa. Il posizionamento dei centri di moto principali nel Pacifico settentrionale sta strutturandosi verso un circolazione con wind stress tale da imporre nei prossimi mesi il ritorno ad una circolazione marina a PDO negativa (vedi figure 3 e 4).

Figura3

Figura4

Ora controlliamo la posizione del centro di massa, l’eccentricità e l’oscillazione dell’asse del vortice polare nella media stratosfera. Dalla figura 5 è possibile evidenziare come il centro di massa del VPS sia posizionato quasi sul polo geografico leggermente decentrato verso l’emisfero est. Presenta una discreta eccentricità media pari a 0,58. L’oscillazione massima registrata è di circa ±30° rispetto la posizione media dell’asse lungo l’intero periodo di riferimento (1 ottobre – 09 novembre).

Figura5_new

La posizione geografica assunta dal centro di massa associata all’ampia oscillazione dell’asse ci suggerisce che le onde planetarie 1 e 2 non sono molto invadenti in direzione del polo tanto da “bloccare”, come ganasce di una morsa, il vortice stesso. Nonostante quanto appena descritto, il buon valore dell’eccentricità ci informa che comunque le onde planetarie presentano una discreta attività schiacciando moderatamente il vortice che si presenta con una chiara forma ellittica. Tale configurazione espone comunque la struttura a disturbi anche importanti a carico delle onde planetarie. Per definire la capacità di intrusione delle onde planetarie troposferiche principali lungo la via delle storm track (azioni di blocco persistenti) e con asse dei promontori diretti verso il polo con capacità di infilarsi sotto la sempre più rapida circolazione stratosferica, dobbiamo fotografare l’asse prevalente del vortice alla quota isobarica di 250hPa, nel periodo che va dal primo ottobre fino alla prima decade di novembre.

La figura 6 meglio sintetizza quanto sopra indicato suggerendo che la posizione dell’asse è favorevole ad azioni di disturbo con una buona attività e azione intrusiva della seconda onda in zona polare, ma con un’azione della prima onda meno marcata e meno efficiente dovuta alla sua posizione più defilata verso il continente nord americano. Infatti la complessiva struttura assunta nel periodo esaminato non presenta evidenti disturbi collegati a tentativi di primordiale bilobazione.

Figura6

Una struttura che comunque rimane favorevole ad innescare successive azioni destabilizzanti con azioni di blocco facenti capo alla seconda onda, da cui possono scaturire configurazioni favorevoli alla genesi di forti riscaldamenti stratosferici con incipit in zona asiatica.

Infine passiamo all’analisi dell’indice IZE (Indice di Zonalità Emisferico) ottenuto mediante calcolo dei dati di analisi giornalieri del mese di ottobre. Questo indice dovrebbe sintetizzare tutto quanto sopra descritto esprimendo la previsione sia dell’attività d’onda che dell’indice AO. Premetto brevemente che a seguito dei problemi riscontrati nella scorsa stagione dalla versione 1 di calcolo, è stata elaborata la successiva versione 2 che è stata sperimentata già nel corso della scorsa stagione invernale fornendo risultati molto più aderenti a quanto osservato.

Proprio perché la fase sperimentale non può ritenersi conclusa non pubblicherò qui il grafico della previsione dell’andamento dell’indice AO, giacchè è stato oggetto dei più vistosi cambiamenti rispetto all’elaborazione della versione 1, limitandomi a fornire il solo grafico dell’attività d’onda che invece è rimasta analoga alla versione 1 proprio perché non ha subito variazioni di calcolo in quanto aveva già consolidato buoni risultati. Altresì fornirò ai gentili lettori il solo dato numerico atteso dell’indice AO sia complessivamente nel trimestre che per singolo mese da dicembre a febbraio.

Il grafico in figura 7 mostra l’attività d’onda prevista dalla fine del corrente mese di novembre fino alla fine di febbraio 2016. Si nota come l’attività d’onda fino a circa la fine della prima decade di gennaio 2016 sia scarsamente presente in zona polare. Esaminando, però, i dati scorporati per basse e alte latitudini si evince che il segnale zonale non appare confinato alle alte latitudini ma più variabile in latitudine aprendo la strada, per la zona del Mediterraneo centrale, ad una maggiore variabilità rispetto all’attuale mese di novembre con fasi di stabilità alternati a passaggi di sistemi frontali.

Figura7

Il mese di novembre in corso è considerato propedeutico per quanto l’indice IZE pronostica per l’evoluzione del trimestre invernale. L’attuale approfondimento del vortice polare (sia troposferico che stratosferico) con bassi valori di ep-flux autunnali potrebbero indicare un precodizionamento con un’evoluzione successiva verso un ESE (Extreme Stratospheric Event) di tipo warm. Una conferma a quanto qui indicato potrebbe scaturire dal raggiungimento del valore massimo positivo del NAM alla quota isobarica di 10hPa tra la fine di novembre o al massimo i primi di dicembre sfiorando ma senza però raggiungere e superare il valore di soglia di +1,5. La previsione dell’IZE di un’importante attività d’onda verso le festività natalizie, inserita subito dopo un’intensa attività zonale prevista alle alte latitudini, evidenzia l’instaurarsi di un probabile impulso forzante troposferico collocabile tra la fine della seconda decade e la prima metà della terza decade di dicembre in grado di sviluppare un importante flusso di calore meridionale sotto la bassa circolazione zonale stratosferica e propagarsi così verso gli strati stratosferici superiori generando un TST (Tropospheric-Stratospheric-Tropospheric) event capace di apportare una seria crisi del vortice polare stratosferico forzando lo sviluppo di un Sudden Stratospheric Warming.

Tale evento, collocabile nel corso della prima decade di gennaio 2016, potrà avere conseguenze sulla circolazione troposferica emisferica a seguito di un probabile superamento del valore massimo negativo di soglia dell’indice NAM alla quota isobarica di 10hPa. Infatti la circolazione troposferica successiva, evidenziata dall’attività d’onda dell’IZE, mostra a partire dalla fine della prima decade di gennaio una prevalente configurazione sinottica con alto valore di geopotenziale in zona polare.

La previsione dell’indice AO scaturita dal calcolo derivante dall’IZE, non è da considerarsi definitiva in quanto i calcoli sono frutto della sola elaborazione dei dati di analisi del mese di ottobre. Un primo affinamento avverrà nel corso della prima metà di dicembre quando la previsione dell’indice AO verrà calibrata secondo i dati reali provenienti dall’osservazione dell’indice AO stesso, determinando la qualità della previsione originale. Comunque come promesso indico qui di seguito i  dati numerici della previsione dell’indice AO su base IZE:

Valore medio indice AO trimestrale compreso tra -0,2 e -0,6
Valore medio indice AO nel mese di dicembre compreso tra +0,6 e +0,9
Valore medio indice AO nel mese di gennaio compreso tra -0,5 e -1,1
Valore medio indice AO nel mese di febbraio compreso tra -0,7 e -1,6

Da quanto scritto si evidenzia una stagione invernale dai due volti con una zonalità già in atto che dovrebbe mediamente insistere e caratterizzare le condizioni meteorologiche fino alla metà di dicembre. Nel particolare è atteso un calo dell’AO nella parte finale di novembre che potrebbe coincidere un episodico affondo del vortice nordatlantico verso il Mediterraneo. In seguito è atteso un nuovo rinforzo della circolazione zonale alle alte latitudini e quindi una risalita dell’indice AO per la prima decade di dicembre. Nella seconda decade è atteso un rallentamento del flusso zonale con un calo dell’AO verso valori attorno alla neutralità. Come precedentemente scritto la fase successiva potrà risultare determinante per le sorti del restante periodo invernale con un cambio, anche radicale, che si dovrebbe manifestare nei successivi mesi di gennaio e febbraio.

Queste previsioni sono frutto di studi sperimentali e quindi sensibili ad errori anche rilevanti, è bene ricordarlo per non incorrere ad inutili delusioni o eccessivi entusiasmi.