Autore: Luigi Mariani
Data di pubblicazione: 26 Aprile 2018
Fonte originale:  http://www.climatemonitor.it/?p=48218

Su consiglio dell’amico Sergio Pinna ho letto sul Corriere di venerdì 13 aprile 2018 l’ articolo a firma di Paolo Virtuani dal titolo “La primavera che non c’è – Il clima pazzo e la primavera che ancora non arriva: pioggia +74%”.

L’incipit dell’articolo, che poi è quello che più spesso viene letto, recita come segue:

Quando inizia la primavera ci si aspetta subito il bel tempo e scatta la voglia di uscire e indossare abiti più leggeri. Ma i cambiamenti climatici in atto stanno stravolgendo tutto: sia il meteo sia le nostre convinzioni, sedimentate da secoli. «L’aumento delle temperature globali causa maggiore evaporazione e un incremento dell’energia nell’atmosfera», spiega Daniele Contini, responsabile della sede di Lecce dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima (Isac) del Cnr. «Gli eventi estremi diventano norma: aumenta la variabilità alternando anni siccitosi a stagioni più piovose. L’Italia, stretta e lunga tra Alpi e Mediterraneo, è in una delle aree sottoposte a maggiori cambiamenti.

Per la verità nell’articolo si legge anche questo brano del dott. Michele Brunetti e che trovo grazie da Dio assai più vicino al mio sentire:

 Eppure per Michele Brunetti, ricercatore di Isac-Cnr, «stiamo vivendo una primavera da manuale». Non c’è stato nulla di anomalo nei primi 21 giorni di primavera, la stagione con il clima più variabile di tutte, sottoposta ai colpi di coda dell’inverno, specie nelle prime settimane. «È tra le più normali degli ultimi tempi», aggiunge. «È stata quella dell’anno scorso a uscire dalle medie a causa delle alte temperature». E ad accrescere in noi il convincimento che primavera è sinonimo di «quasi estate». Nel 2017 a metà aprile eravamo già alle prese con le zanzare, apparse un mese prima del previsto. Quest’anno a marzo la temperatura è stata di soli 0,09 gradi sopra la norma.

Ma chi avrà ragione? La variabilità interannuale è davvero esplosa negli ultimi anni come sostiene Contini o viceversa la primavera dalle nostre parti è sempre stata così, come sostiene Brunetti?

Per tagliar la testa al topo propongo ai lettori di riflettere su tre diagrammi che mostrano la deviazione standard mobile a 9 termini delle precipitazioni totali primaverili (somma di aprile, maggio e giugno) per le tre stazioni di Milano Brera, Roma e Palermo. Cosa intendo per “deviazione standard mobile”? Con riferimento ad esempio a Milano Brera nel 1805 ho riportato la deviazione standard (un classico indice di variabilità, calcolato con la funzione dev.st di exel)  per i 9 anni che vanno da 1800 a 1809, nel 1806 ho riportato la deviazione standard dal 1801 al 1810, e così via. Si tratta peraltro di uno schema di analisi utilizzato da Sergio Pinna nel suo testo del 2014 dedicato alla “falsa teoria del clima impazzito”.

Deviazioni standard mobili a 9 termini delle precipitazioni totali primaverili (aprile+maggio+giugno) per le stazioni di Milano Brera, Roma e Palermo. Le serie non evidenziano trend complessivi di incremento della variabilità e in nessun caso il periodo più recente (ultimi 50 anni) mostra comportamenti che si collochino al di fuori di quanto già osservato in passato.

I diagrammi, che sono riferiti a tre delle serie storiche di precipitazione fra le più lunghe disponibili per l’areale italiano, mostrano alcune ciclicità caratteristiche e meritevoli di indagine più approfondita (e qui direi che è pane per i denti di Franco Zavatti…), cui si associa l’assenza di  trend complessivi di incremento della variabilità. Inoltre in nessun caso il periodo più recente (ultimi 50 anni) mostra comportamenti che si collochino al di fuori di quanto già osservato in passato.

Conclusioni

Dall’analisi effettuata non emerge alcuna tendenza all’incremento della variabilità interannuale delle precipitazioni primaverili per Milano, Roma e Palermo. Nel pregare chi avesse evidenze diverse a farsi avanti in modo che se ne possa discutere, rilevo che prima di parlare di “aumento della variabilità” si dovrebbe avere almeno l’accortezza di dire a quali dati ci si sta riferendo, tanto per superare la logica da “chiacchiera da bar”.

Bibliografia

Pinna S., 2014. La falsa teoria del clima impazzito, Felici editore, 158 pp.