Se gli esseri umani reagiscono negativamente ai cambiamenti climatici, la fauna ne risente molto di più.

In particolare, una diminuzione della temperatura ed un aumento delle nevicate, sia per intensità che per durata, provocano una sensibile diminuzione di cibo disponibile per gli erbivori, i quali rischiano di andare incontro a decessi di massa. Quelli che sopravvivono, si spingono in massa verso i centri abitati, in cerca di cibo e calore. I predatori, avendo difficoltà a cacciare a causa della neve alta e per la mancanza di prede, tendono a muoversi anch’essi verso i centri urbani. Durante la Piccola Età del Ghiaccio (detta anche Piccola Era Glaciale o PEG), ci furono spesso notizie di attacchi di lupi nei fondovalle, specie delle zone montuose e rurali. Lupi che assalivano spesso il bestiame da allevamento e non si facevano mancare attacchi agli stessi esseri umani. Frequenti episodi di persone sbranate da lupi non mancarono affatto né durante il minimo di Wolf, nè durante il Maunder. Numerose notizie di lupi che assaltarono abitati in Svizzera, Austria ed in Sassonia/Baviera/Foresta Nera si ebbero durante il rigido inverno del 1929, probabilmente il più freddo del XX secolo. Vicino a noi, ci sono non poche notizie di lupi che attaccarono i fondovalle in Abruzzo, Molise e Marche durante la PEG, con anche vittime tra la popolazione. Un’impennata di assalti di questi canidi ci fu ad esempio negli Usa ed in Canada nel 1816, anno dell’eruzione del Tambora.

 

Non mancano negli inverni più freddi episodi di cervi, orsi e volpi che passeggiano indisturbati nei centri abitati, alla ricerca di cibo e riparo. Pur non essendo lupi, costituiscono comunque un rischio per la sicurezza stradale, ad esempio, ma anche per l’incolumità umana. Gli stessi orsi hanno avuto, pur essendo principalmente erbivori (in realtà sono onnivori, ovvero possono mangiare di tutto), casi in cui hanno ucciso esseri umani; e vista la stazza, basta una zampata ben assestata. A tal proposito tra il ‘700 e l’inizio ‘800 si è avuto un picco di aggressioni da parte di Grizzly (molto più grossi dei nostri orsi bruni) in Nord-America, i quali sono notoriamente più aggressivi dell’orso bruno e marsicano. Non sono mancati nemmeno episodi di rapimenti di animali domestici da parte di aquile e falchi durante i periodi più gelidi… I canidi poi sono talvolta portatori di malattie come la rabbia, potenzialmente letale nell’uomo. Insomma diciamo che durante i periodi di raffreddamento climatico la fauna è in forte fermento. Gli uccelli perdono l’orientamento, a causa dell’alterato ciclo migratorio stagionale, e si verificano morie di massa tra essi, divenendo inoltre più vulnerabili alle malattie infettive. Le carcasse rischiano di diventare veicolo di virus e batteri.
Un fatto curioso che iniziò a verificarsi col raffreddamento del 1300, fu il susseguirsi di racconti di navi attaccate da calamari giganti.

 

Illustrazione di quanto raccontato da alcuni marinai inglesi nel 1810: essi si trovavano a largo delle coste dell’Angola quando riferirono di essere stati assaliti da un calamaro di proporzioni gigantesche.

 

Una creatura, che generalmente viene identificata con il kraken, è annoverata da Linneo nella prima edizione del “Systema Naturae “(1735), dove il naturalista la classifica fra i cefalopodi con il nome scientifico di Microcosmus marinu. Sempre Linneo, in un’altra opera del 1746, “Fauna Suecica”, cita il Microcosmus marinus, affermando che è detto vivere nel mar di Norvegia, ma che lui non l’ha mai visto. Il kraken viene quindi citato nell’opera dello svedese Jacob Wallenberg  “Min son på galejan” (“Mio figlio sulla galera“, 1781). Le prime occorrenze accertate del nome si trovano invece nell’opera di Francesco Negri “Viaggio Settentrionale” (un resoconto del suo viaggio in Scandinavia effettuato nel 1663), e in quella del vescovo e naturalista Erik Pontoppidan “Storia naturale della Norvegia” (1752). Pontoppidan, in particolare, ne dà una descrizione molto vivida e dettagliata: secondo lui il kraken sarebbe “il più grande e il più impressionante animale del Creato e senz’alcun dubbio il mostro marino più grande del mondo”, e avrebbe dimensioni tali che, quando parzialmente sommerso, potrebbe essere scambiato per un gruppo di piccole isole; con i suoi tentacoli, grandi come l’albero di una nave di medie dimensioni, sarebbe in grado di trascinare una caravella intera sul fondo del mare. Ad oggi è comprovata la presenza di calamari giganti, lunghi fino ed occasionalmente oltre i 30 metri, nei fondali oceanici, a partire dai 3-4000 metri di profondità. Di solito sono animali tranquilli, e se ne stanno per i fatti loro, cacciando pesci e altri molluschi. Ma se a causa di alterazioni climatiche il cibo dovesse iniziare a scarseggiare, è ovvio che l’istinto di sopravvivenza uscirebbe fuori prepotentemente, ed inizierebbero ad emergere frequentemente in superficie. Non è una caso che gli attacchi di questi “mostri” vennero registrati proprio durante l’ultima PEG, per poi scemare progressivamente nel corso del XIX secolo, quando le temperature tornarono ad aumentare?

Per dare un esempio della forza di queste creature, riporto un racconto recente, visto in un documentario.

Nell’estate 2003 un cittadino americano se ne stava a godersi le vacanze sul suo Yacht di 25 metri con due amici, a largo delle coste orientali Usa, in pieno Ocerano Atlantico. Tutto d’un tratto l’imbarcazione si ferma, come se qualcosa le impediva di muoversi. Viene controllato il carburante ed altri parametri, ma tutto nella norma. Uno degli amici esce sul ponte per vedere se c’è qualcosa in mare a causare ciò, e vede la parte terminale di un tentacolo, grossa quanto il suo braccio fuoriuscire dall’acqua. Dopo pochi istanti il tentacolo torna sott’acqua e lo Yacht torna libero di muoversi. Probabilmente si è trattato di un calamaro gigante, il quale spinto dalla curiosità aveva afferrato la nave per capire cosa fosse. Questa storia, per fortuna terminata senza drammi, invita a riflettere sul potenziale pericolo che questi giganti del mare possono essere per le imbarcazioni. In particolare, se negli anni prossimi inizierà a fare molto freddo e diminuirà la presenza di cibo nei fondali oceanici, ci si può aspettare che queste creature emergano più spesso in superficie, attratte dall’odore di pesce dei pescherecci ed attaccarli per rubarne il pescato (non scordiamoci che polpi e calamari sono animali molto intelligenti). Sembrerebbe un’ipotesi assurda e invece potrebbe rivelarsi piuttosto reale.

 

 

A livello di numeri, sia i lupi che i calamari giganti stanno vivendo negli ultimi anni un vero e proprio boom demografico. Cosa che stupisce parecchio per i lupi, in quanto erano dati per specie in via d’estinzione a causa della caccia spregiudicata nei loro confronti. Soprattutto nelle regioni interne degli Usa ed in Europa centro-orientale, negli ultimissimi anni c’è stato un enorme ed imprevisto aumento di avvistamenti di lupi, sia singoli che in gruppo. Per i calamari giganti, le zone più popolate, secondo le stime, sono l’Atlantico un po’ tutto e le aree settentrionali del Pacifico orientale. Tuttavia la concentrazione maggiore sembra esserci tra le profondità dei fiordi norvegesi ed il mar di Norvegia (ecco perché sono stati i norvegesi a dare il nome Kraken…)
Tra le specie in crescita annoveriamo poi la volpe, la lince e soprattutto i cinghiali.

Cinghiali che sembra si stiano moltiplicando a livello esponenziale. A Roma, quartieri settentrionali, da qualche anno a questa parte avvistamenti di questi animali in mezzo alla strada sono all’ordine del giorno. Solo tre settimane fa un cinghiale è stato notato scorrazzare liberamente sulla rampa che dalla via Flaminia congiunge al Raccordo Anulare (immagine sotto).

 

Cinghiale notato scorrazzare liberamente sulla rampa che dalla via Flaminia congiunge al Raccordo Anulare di Roma

 

Branco di cinghiali a passeggio qualche mese fa per via Savelli, quartiere Marassi-San Fruttuoso, Genova

 

Non sono mancati negli ultimi tempi incidenti stradali dovuti all’impatto con gli ungulati, nonché aggressioni da parte loro, specie nei confronti di animali domestici (soprattutto cani). Due estati fa in Sicilia un turista straniero è stato caricato da un cinghiale ed è morto per le profonde ferite riportate; episodi del genere si sono avuti anche nel resto d’Europa ed in Nord America negli ultimi 3-4 anni. Cinghiali che a causa delle zanne affilate costituiscono un serio pericolo, e, specie se sono con i cuccioli, diventano particolarmente aggressivi. Inoltre sono molto dannosi per le coltivazioni.
Detto questo , la fauna risente parecchio delle alterazioni climatico-ambientali. Gli animali, spinti dall’istinto di sopravvivenza, iniziano a non essere più intimoriti dall’uomo e tendono ad organizzarsi in gruppi per cacciare e cercare cibo, divenendo un pericolo per gli stessi esseri umani. Credo che nei prossimi anni ai problemi portati dal freddo al settore agroalimentare, dei trasporti, energetico ed alla salute umana, l’invadenza e spregiudicatezza di certe specie animali non farà che peggiorare i problemi, rendendone più difficile la risoluzione.

Alessio