Pubblichiamo un articolo molto interessante trovato su paperblog.it, che descrive quali elementi portarono al raffreddamento climatico e all’espansione dei ghiacciai durante la Peg. Buona lettura.


Durante la fase di raffreddamento climatico cominciata nel 1300 e terminata ufficialmente nel 1850, si ebbe un cospicuo incremento delle inondazioni quanto del numero e del volume delle nevicate, che a loro volta andarono ad alimentare la crescita dei ghiacciai e delle calotte polari.
Ma considerando che il clima di allora era più freddo di quello di oggi, bisogna chiedersi da dove venisse tutta quell’acqua, se anche gli oceani dovevano essere decisamente più freddi.

Ora osserviamo le inondazioni che inaugurarono l’inizio della Piccola Era Glaciale in Italia:

-1315/1318: grande carestia in Europa dovuta a freddo e piogge torrenziali continue in primavera ed estate.
-1327: generale straripamento/alluvione del Po, Italia.
-1330: spaventosa inondazione/alluvione del Polesine e Mantovano, Italia, con morte di 10.000 persone (da verificare);
-1331: inondazione/alluvione del Po nel Mantovano e Ferrarese e di altri fiumi in Toscana, Italia;
-1333: Italia del nord, si registrano eventi meteo eccezionali come ad esempio un ciclone che seminò distruzione di abitazioni e di raccolti: La grandine raggiunge l’altezza di un metro;
-1336: Italia, il Po rompe gli argini (alluvione) e le acque gelano le campagne (intenso freddo nel periodo invernale, clima);
-1341: forti inondazioni/alluvioni che abbattono le mura di Cremona, invadono il mantovano e il ferrarese, Italia;
-1342: la cosiddetta piena del millennio, del fiume Reno (infatti, si verificarono significativi straripamenti del Reno a Basilea);
-1347: in Italia si registra una terribile carestia;
-1362: Italia, alluvione con straripamento del Po a Francolino e a Serravalle;
-1365: Italia, area Po, alluvione del Ferrarese e Mantovano;
-1376: dicembre, episodio di forte piena del Tevere a Roma (circa 17 mt);
-1379: novembre, episodio di forte piena del Tevere a Roma (circa 17 mt);
-1385: Italia, inondazioni nella città di Mantova e dei territori di Verona, Modena, Ferrara, Polesine e Rovigo. Sommersa pure Venezia;
-1394: allagamento/alluvione della città di Ferrara;
Le consistenti nevicate che segnarono la Piccola Era Glaciale non terminarono subito al termine di essa, ma continuarono per i decenni successivi.

Cosa portò questo aumento delle precipitazioni?
Nel 2000, una relazione scientifica propose che i raggi cosmici che arrivano sulla Terra influiscono significativamente sul livello di copertura nuvolosa terrestre.
A sua volta il flusso di particelle cosmiche che giungono sulla Terra varierebbe con il variare dell’attività solare. Quando l’attività solare é molto bassa i raggi cosmici, altamente energetici, ionizzerebbero l’atmosfera, favorendo in tal modo la formazione di nubi nella bassa atmosfera. A loro volta, le nubi basse raffredderebbero la Terra.
Non solo la radiazione cosmica andrebbe a causare un aumento della nuvolosità e delle precipitazioni
a livello globale ma anche l’aumento del gas metano.

Durante la Piccola Era Glaciale è assodato che anche il vulcanismo ebbe un drastico aumento.
Quali aree nel mondo e quali processi geologici emettono questo metano?
Le emissioni geologiche di metano si ritrovano in tutte le aree petrolifere del pianeta e in misura minore nelle aree geotermiche. I vulcani sono fonti significative di metano.

Quindi non ci sorprende il fatto che durante la Piccola Era Glaciale, quando il vulcanismo, che fa parte dell’attività geologica del nostro pianeta, divenne più irrequieto, ci fosse stato un aumento della percentuale di metano nell’atmosfera.
Ma cosa c’entra tutto ciò con l’aumento della radiazione cosmica e della nuvolosità e a sua volta della frequenza delle alluvioni e delle nevicate?
Il metano è il principale componente del gas naturale, ed è un eccellente combustibile. Bruciando una molecola di metano in presenza di ossigeno si forma una molecola di CO2 (anidride carbonica), due molecole di H2O (acqua) e si libera una quantità di calore.
Ho sottolineato le due molecole di vapore acqueo in quanto se aumentasse il metano in atmosfera aumenterebbe anche la quantità di vapore acqueo, favorendo così un incremento delle precipitazioni assieme ad un aumento dell’anidride carbonica nell’atmosfera.
Per quanto riguarda la produzione di metano da radiazione, anche la radiazione ultravioletta del Sole potrebbe essere stata la causa dell’aumento del metano nell’atmosfera con un conseguente ulteriore aumento del vapore acqueo.

Mike Lockwood del Regno Unito Reading University, che studia anche le possibili associazioni tra i cambiamenti solari e clima, ha suggerito che se la produzione dei raggi ultravioletti del Sole varia molto su tempi lunghi come fa in tutto il ciclo solare, ciò potrebbe fornire il collegamento tra il Minimo di Maunder e le variazioni di temperatura.
Se le radiazioni UV aumentarono raffreddando ulteriormente il clima, anche a livello atomico gli effetti non poterono essere blandi.
Un articolo pubblicato su Nature sembra indicare che il metano possa avere come origine l’incidenza della radiazione ultravioletta su materiale organico.

La risposta starebbe nell’aumentata attività vulcanica che ebbe luogo nel periodo di cui stiamo parlando.
Una forte serie di attività vulcaniche possono immettere nell’atmosfera notevoli quantità di sostanze, che oltre a raffreddarla, produrrebbero anche un sensibile assottigliamento e degradazione dello strato di Ozono.

Se le forti attività vulcaniche del periodo ridussero lo strato di Ozono, una certa percentuale di raggi UV deve aver sicuramente influito, oltre che raffreddare la Terra, alla produzione di metano dalla materia organica del terreno che a sua volta, in seguito, si sarebbe convertito in vapore acqueo e quindi un ulteriore fattore di precipitazioni.

Ma anche il vulcanismo ebbe il suo ruolo nella frequenza delle precipitazioni, sia quello terrestre che quello sottomarino.
Partendo dal vulcanismo terrestre, durante le grandi eruzioni il pulviscolo vulcanico in sospensione nelle nubi è in grado di incrementare le precipitazioni piovose e quelle nevose in quanto sia le gocce di pioggia che i fiocchi di neve hanno necessità di trovare un nucleo di polvere per aggregarsi e formarsi.
Questo da se spiega molte cose.
Se in quel periodo si ebbe un aumento del vulcanismo, questo aumento dovrebbe aver comportato sia un aumento del vulcanismo terrestre quanto di quello sottomarino.
Gli autori hanno scoperto che uno spostamento verso condizioni più fresche durante la Piccola Era Glaciale era in concomitanza con un aumento della frequenza degli eventi di El Niño. Ciò è contrario a quanto generalmente previsto dai modelli climatici, in cui il raffreddamento porta ad una minore attività di El Niño e il riscaldamento ne porta una maggiore attività.
I risultati sono stati in armonia con la cronologia storica di El Niño sia nell’America del Sud e della regione del Nilo, che rappresentano “un aumento dell’attività di El Niño durante il periodo della Piccola Era Glaciale e una diminuzione dell’attività di El Niño durante il Periodo Caldo Medievale.

I flussi geotermici principali si trovano proprio nella zona di formazione di El Nino.

Considerando che il vulcanismo terrestre rappresenta solo il 20% del vulcanismo globale, mentre il restante vulcanismo sottomarino rappresenta l’80% il quadro si fa più chiaro.
Inoltre “è importante notare”, asseriscono gli studiosi della NOAA, “che il riscaldamento delle profondità oceaniche precede il riscaldamento in superficie.”

Attività sismica globale perfettamente correlata all’andamento della temperatura globale

Uno studio della NOAA del 2000 afferma che gran parte del riscaldamento degli oceani avviene tra i 300 e i 3000 metri di profondità.
Se in condizioni in cui prevalsero perlopiù freddo e basse temperature gli eventi di El Nino aumentarono nonostante la bassa attività solare, questo incremento della loro frequenza non può che essere spiegato che con un aumento del calore del vulcanismo sottomarino, che riscaldando vaste porzioni degli oceani, contribuì ad aumentare la quantità di vapore acqueo nell’atmosfera, che insieme agli altri fattori sopra, portarono a eccezionali e frequenti nevicate quanto alluvioni e conseguenti carestie.

A presto

Alessio