Non è la prima volta che scrivo di come l’IPCC, ovvero l’Intergovernmental Panel on Climate Change, si sia servita dei dati scientifici a proprio piacimento, pur di modificare l’agenda politica degli Stati più ricchi. Qui e qui avete due esempi, ma trovate anche più materiale nel sito se volete approfondire.
Proviamo ora ad ampliare lo sguardo e a complessificare il quadro perché se c’è chi corrompe, c’è anche chi è disponibile a reggere il gioco e a farsi corrompere…
Questo nuovo articolo ben dimostra come ci sia una reale intenzionalità nel creare uno scenario falso fin dall’inizio. Leggiamo infatti che:
Il consenso era un tema centrale per la promozione politica del riscaldamento globale antropico (AGW) fin dall’inizio. Prima si trattava dei più di 6000 rappresentanti dell’IPCC. Più tardi, si trattò delle artificiali percentuali del 95 di Naomi Oreskes e poi del 97 di John Cooke. Ma c’è un’altra forma di consenso artificiale che continua ad influenzare l’opinione pubblica e politica. E’ una forma di consenso più potente perché sfrutta un appello ad un’autorità […] I due migliori esempi usati per promuovere il consenso dell’autorità nell’inganno rispetto al clima riguardano il Premio Nobel dato congiuntamente ad Al Gore e all’IPCC e il supporto apertamente dichiarato da parte delle società scientifiche per i Reports dell’IPCC.
Sì, avete letto bene: la Commissione del Premio Nobel si presta a questi giochetti.
Badate bene che ad Al Gore hanno assegnato uno dei Nobel più importanti, quello per la Pace – ecco come la Commissione lo motiva:
In accordo con l’IPCC, c’è un reale pericolo che i cambiamenti climatici possano aumentare il pericolo di guerra e conflitto, poiché ci si troverà con scarse risorse naturali, non ultima l’acqua potabile, sotto grande pressione e porterà ampi gruppi di popolazione a spostarsi a causa di siccità, inondazioni e altre condizioni climatiche avverse.
Nell’articolo, si sottolinea dove sta l’errore della Commissione:
Essa sta accettando la parola usata dall’IPCC per il pericolo. E’ incredibile perché dimostra che essi [i componenti della commissione del Premio Nobel, ndr] non fanno i loro compiti o, se li fanno, non riescono a capire che non c’è alcuna evidenza empirica che supporti le dichiarazioni dell’IPCC. Ciò dimostra quanto sia falso tale premio e puzzi di sfruttamento politico [pro agenda politica, ndr].
Questi sono i termini della questione. L’articolo si fa ancora più interessante poiché ci fornisce elementi di contesto in più e chiama in causa anche l’industria cinematografica americana, di cui Gore si serve nei primi anni del 2000 per fare il suo film “Una scomoda verità”, film documentario in cui sostiene in prima persona la costruzione del Riscaldamento Globale. Mentre riceveva il Premio Nobel per la Pace, il Giudice Burton della Corte Britannica si pronunciava proprio sul suo film. Ecco le parole dello stesso Giudice:
Anche se posso solo esprimere un’opinione come spettatore invece che come giudice, avendo anche ricevuto un Oscar quest’anno come miglior film documentario [2007, ndr], mi sono trovato di fronte ad un film documentario prodotto in modo drammaticamente e altamente professionale, molto potente. E’ costruito attorno alla presenza carismatica dell’ex-Vice Presidente, Al Gore, la cui crociata ora è di persuadere il mondo dei pericoli del cambiamento climatico causato dal riscaldamento globale. E’ comunemente accettato che non è semplicemente un film di scienza – anche se è chiaro che è basato sostanzialmente su ricerca scientifica e opinione – ma è un film politico, anche se non di un partito politico. Il suo tema non è meramente il fatto che c’è il riscaldamento globale e che c’è la concreta possibilità che tale riscaldamento sia provocato dall’uomo, ma che ci siano urgenti e, se necessari, anche economicamente onerosi e scomodi passi da intraprendere per farvi fronte. Paul Downes, usando una forza persuasiva pari a quella di Mr Gore, ha affermato che le visioni nel film sono politiche, presentando il fatto che Mr Gore promuova una visione apocalittica, che sarebbe usata per influenzare una vasta gamma di decisioni politiche, che egli ha illustrato al paragrafo 30 […].
Ci sono errori e omissioni nel film […] e il film, mentre si propone di sostenere la visione mainstream (e di denigrare le visioni opposte), il film stesso parte da quel mainstream, inteso come il “consenso” espresso dai reports dell’IPCC.
In rete, ci sono vari articoli in cui vengono descritti gli errori contenuti nel documentario.
Possibile quindi che la Commissione del Premio Nobel non ne sapesse niente? Possibile. Non hanno fatto alcuna ricerca e hanno consegnato seguendo la propria direzione. Ma quindi, è lecita un’ulteriore domanda: applicano lo stesso criterio anche nell’ambito di altre discipline scientifiche?
Chiudiamo questa prima parte con una riflessione, riportata anche dall’articolo e che condividiamo: episodi nel genere, purtroppo non isolati, screditano non solo il Premio stesso, ma anche il lavoro di coloro che, quando lo vincono, se lo meritano davvero.
Nella seconda parte, vedremo che anche le Società scientifiche hanno le proprie responsabilità.
Sara Maria Maestroni