Autore: Massimo Lupicino
Data di pubblicazione: 13 Marzoo 2018
Fonte originale:  http://www.climatemonitor.it/?p=47748

Claudio (lo chiameremo così) è una di quelle persone che ti salvano una vacanza. Gestisce una pompa di benzina in un paesino delle Alpi occidentali che vive quasi esclusivamente di turismo. Ma non è solo un benzinaio: è anche meccanico, gommista, rivenditore di accessori e…piacevole conversatore.

Dopo aver riparato la mia macchina in panne il giorno prima della partenza, e sotto una fitta nevicata, Claudio si è intrattenuto con me in una breve chiacchierata che si può più o meno riassumere come segue:

Massimo: Ancora una nevicata… 20 sotto zero per tre giorni, poi mezzo metro di neve in una notte, e quindi altra neve… Non c’è stata pace questa settimana…

Claudio: E che ci vuoi fare, il tempo in montagna è così… Il turista vorrebbe 2 metri di neve sulle piste e una settimana di sole, ma tutto non si può avere, e ogni stagione è diversa.

M: Quest’anno ne ha fatta di neve, eh?

C: Tanta… Guarda, avrò contato 45 giorni di neve… Una media di una nevicata ogni 2 giorni.

M: Ma l’effetto serra? Non dovevamo morire tutti di caldo?

C: Bah… Ho un amico in Islanda, mi diceva che lì c’erano zero gradi, 20 in più di qua… Ma alla fine il tempo fa quello che vuole. Tutti che parlano di caldo, ma si dimenticano che al Passo tra qui e la Francia (2,300 metri) un tempo si coltivava l’orzo. Provaci adesso a coltivarlo… Lassù ci sono quasi 5 metri di neve, Dio solo sa quando si scioglieranno.

M: Quindi tutte queste cose che ci dicono sul caldo?

C: Tutte storie. La gente si dimentica che il tempo cambia di continuo nel corso dei decenni. Negli annali del paese leggerai che ci sono stati anni in cui le famiglie trascorrevano il Capodanno in Francia con i familiari che vivevano dall’altra parte, e la gente faceva il Passo in pieno inverno con i carretti. Con i carretti, mi spiego?! E poi tornava a casa propria il giorno dopo.

M: Col carretto…

C: Sì, col carretto. Oggi sul passo ci si va solo col gatto. Poi senti quelli che dicono che non si scierà più perché farà troppo caldo. Ho sentito che in Svizzera non investono più in nuovi impianti sotto i 2,100 metri per queste storie sul caldo. Per fortuna qui non gli abbiamo dato retta, altrimenti ci saremmo rovinati.

M: Continuate a non dargli retta, che andate benissimo così. Grazie Claudio, per la macchina e per la chiacchierata.

C: Grazie a te, tornateci a trovare!

Stanno perdendo

Lungo il viaggio di ritorno ho ripensato alle parole di Claudio. Pensavo di fare qualche ricerca sulla coltivazione dell’orzo sulle Alpi o sugli annali del paese… Ma a che scopo? Per tornare da lui e dirgli che le cose stanno un po’ diversamente? È un esercizio che lascio volentieri al catastrofista climatico di turno.

Il punto, infatti, è un altro. Le ondate di gelo come quella americana di dicembre o europea di febbraio. Le nevicate record sulle Alpi di quest’anno. Si continua a sciare l’inverno, si rimane ancora bloccati per strada a causa di una nevicata, si battono i denti in montagna e talvolta anche in città. La neve continua a visitare posti insoliti come Roma, Napoli, Pisa. L’estate è più o meno siccitosa, e il deficit idrico prima o poi si recupera, nonostante lo stato fatiscente della rete idrica nostrana.

Ben lungi dal provare alcunché in termini di trend climatico, tutto questo ha avuto comunque un effetto: quello di convincere i tanti Claudio del fatto che le visioni di arrostimento collettivo declamate dalle vestali del Global Warming antropogenico non si sono avverate e promettono di non farlo mai. Rimangono ottimi argomenti per una dotta conversazione tra migliori in un apericena di Brera, ma il loro impatto nella vita del Signor Rossi è semplicemente inesistente.

Stanno perdendo, quei profeti di sventura che con la minaccia di catastrofi mai concretizzate hanno appesantito le nostre bollette energetiche e imposto agende di decrescita suicide e ridicole. Continuano a guadagnare le prime pagine di media compiacenti, ma perdono il cuore e la fiducia della gente. Li perdono perché hai voglia a torturare data-set del passato, a baloccarti con linearizzazioni spericolate, a omogeneizzare misurazioni più o meno sconvenienti, se nel quotidiano del Signor Rossi nulla è cambiato.

Puoi gridare finché vuoi che fa freddo perché fa caldo, o concentrare la narrativa sulla temperatura troppo alta di un buco-di-culo disabitato della Groenlandia in un giorno di foen, mentre l’intera Europa è nel congelatore. Sono urla e parole al vento, un vento freddo di fine Febbraio che porta l’ennesima tormenta di neve in un paesino delle Alpi che con quella neve continua a campare, oggi come 40 anni fa. E che oggi, come da decenni a questa parte, è ancora pieno di turisti che praticano gli sport invernali.

Di global warming si parlerà al rientro a casa, al prossimo apericena. E senza nemmeno troppa convinzione.