Autore: Guido Guidi
Data di pubblicazione: 10 Ottobre 2019
Fonte originale:  http://www.climatemonitor.it/?p=51670

Siamo in ottobre, il mese che sia alcuni professionisti del settore meteo un po’ visionari, sia moltissimi appassionati alla materia considerano la spia dell’evoluzione della prossima stagione invernale boreale, cercando di capire se ci saranno o meno delle possibilità che arrivino eventi di freddo importante di cui potrebbe essere responsabile il Vortice Polare Stratosferico o, meglio, un episodio di Sudden Warming. Nel frattempo, si è concluso con un Sudden Warming epocale l’inverno australe, regalando cronache di freddo di fine stagione che molti weather addicted delle nostra parti avrebbero scambiato con gli affetti più cari ;-).

Ma, soprattutto, l’SSW arrivato sullla verticale del Polo Sud, ha offerto l’occasione per riflettere su quanto un evento di riscaldamento ad alta quota a carattere assolutamente naturale e regionale possa poi avere delle conseguenze a scala ben più ampia, quella emisferica, e di segno diametralmente opposto alla stessa quota. Ce lo spiega in un post molto interessante Roy Spencer, che insieme a John Christy gestisce i dateset delle temperature atmosferiche rilevate dalle sonde satellitari. Quel che sembrava a tutti gli effetti essere un errore strumentale – un consistente raffreddamento alle latitudini tropicali alla quota della tropopausa – , si è rivelato invece essere una conseguenza diretta dell’SSW, il cui aumento di temperatura si è propagato fino allo strato inferiore dell’atmosfera, attivando la circolazione meridiana nota come Brewer Dobson Circulation. Il tutto, si è poi riverberato sul computo delle anomalie mensili calcolate sempre sulla base dei dati satellitari.

Il post è questo: Record Antarctic Stratospheric Warming Causes Sept. 2019 Global Temperature Update Confusion

Da segnalare che, come anticipato anche dai dati del satellite Copernicus e dalle rilevazioni della NASA, la particolare dinamica di fine stagione del Vortice Polare Australe, ha avuto effetti importanti anche sul depauperamento dello strato di ozono, portandolo ad una estensione che risulterà alla fine tra le più basse degli ultimi decenni e ad una posizione molto spostata verso sud rispetto alla norma.

Il sistema è uno, è grande e complesso e, una volta di più la Natura dimostra che nessun approccio riduzionistico ha possibilità di successo. Per cui eccovi la seconda lettura, un discreto “mattone” che affronta tanto la fisica di base delle dinamiche del clima, quanto i concetti, sempre di base, dell’approccio alla loro valutazione compiuto nel mondo dell’informazione ai fini di policy, quella dell’IPCC. Come ha detto Judith Curry, da cui arriva la segnalazione a questo paper, si tratta di una lettura lunga ma che vale decisamente lo sforzo.

The Physics of Climate Variability and Climate Change

E, se di approccio olistico si deve parlare, certamente non si può lasciar fuori l’elemento primario, unica fonte di energia di tutto il sistema (con buona pace della CO2): la forzante solare e la ricerca per la comprensione della sua variabilità nel lungo periodo. Una significativa riduzione dell’incertezza, accompagnata da un ridimensionamento del limite superiore della stessa. Articolo complesso direi.

Revised historical solar irradiance forcing

Del resto, ci piacerebbe tanto che si potesse ridurre tutta la faccenda del clima al semplice ruolo di un gas presente in tracce che possa fungere da manopola termostatica, ma pare proprio che non sia così.

Buona lettura e buona serata.