Autore: Guido Guidi
Data di pubblicazione: 22 Marzo 2019
Fonte originale: http://www.climatemonitor.it/?p=50527
As long as we do not understand the climate of the past, it is very difficult to constrain the climate models needed to make realistic future scenarios
Ci sono alcune parole chiave nel periodo che avete appena letto. Clima del passato, modelli climatici, scenari realistici… Cose che dovrebbero suonare in accordo come un’orchestra ma che, invece, allo stato dell’arte producono parecchie note stonate. La frase con cui ho aperto questo post è un virgolettato pubblicato appena due giorni fa su EurekAlert. la voce è di Francesco Muschitiello, un ricercatore che, a dispetto del nome italico, lavora alla Cambridge University. L’argomento, infine, è la Corrente del Golfo o, meglio, la sua componente più settentrionale, quella parte della Atlantic Meridional Overturning Circulation (AMOC) dove si formano le acque profonde che mantengono in movimento lo scambio tra le latitudini equatoriali del Golfo del Messico e il bordo occidentale dell’Africa.
L’articolo cui si riferisce il pezzo di EurekAlert è il seguente:
Deep-water circulation changes lead North Atlantic climate during deglaciation
In sostanza, compiendo un’operazione di sincronizzazione di vari dati di prossimità provenienti da sedimenti marini e carote di ghiaccio, in questo lavoro si è arrivati a definire il time lag (differimento) con cui in relazione alle fasi di rallentamento o accelerazione della CdG, si sono verificati nel passato dei significativi cambiamenti climatici nell’emisfero settentrionale. Quanto da loro osservato, è nell’ordine di alcune centinaia di anni, più precisamente circa 400 per le virate verso il freddo quando la corrente rallenta e, viceversa, verso il caldo quando invece accelera.
E’ tempo quindi di leggere il secondo virgolettato:
if the AMOC were to weaken to the degree it did back then, it could take hundreds of years for major climate changes to actually manifest
In pratica, il differimento tra le variazioni dell’AMOC e i cambiamenti climatici pare sia diverse volte più lungo di quanto stimato in precedenza, le condizioni delle occasioni in cui ci sono state delle oscillazioni nella velocità della CdG sono state molto diverse dalle attuali, e la velocità del rallentamento dell’ultimo episodio è stata molto maggiore di ora.
Ergo la considerazione qui sopra: ci vorranno centinaia di anni per vedere eventualmente qualche effetto di quello che sembra essere un rallentamento iniziato 150 anni fa.
Direi che si può considerare chiuso il capitolo The Day After Tomorrow, climafiction che congelava appunto il nostro emisfero in una settimana per il rallentamento della CdG. Ma forse è più importante sottolineare che, come giustamente detto dal ricercatore e riportato nell’articolo di EurekAlert, finché non si capirà qual è il ruolo degli oceani e quali siano i tempi con cui questo ruolo viene esercitato, sarà difficile disporre di scenari climatici attendibili.
Enjoy.
NB: se vi interessano altri articoli sulla CdG e i suoi derivati, nel corso degli anni ne abbiamo scritti parecchi, qui, qui e qui alcuni esempi.