Tranquilli, poi vi spiego…

Posted on 29 luglio 2015
Articolo di Guido Guidi

Fonte: Climatemonitor.it

Cartoon_GW_vs_Climate_Change

C’è gran fermento negli ultimi giorni nella discussione sul clima. Estate troppo calda? El Niño che si prepara a battere dei record? Trattative diplomatiche in preparazione della conferenza di Parigi a un punto di svolta? Niente di tutto questo, si è semplicemente mosso uno di quelli che contano.

Era un po’ che non faceva parlare di se James Hansen, dopo le sue dimissioni dalla guida del GISS della NASA e dopo le movimentate apparizioni (e conseguenti arresti) in varie manifestazioni per metterci in guardia dal disastro climatico che verrà. Ora, al termine di un percorso durato anni come egli stesso ha raccontato, sta per uscire un nuovo studio di cui è autore principale. E, indovinate un po’, sarà tutto peggio del previsto, anche se il riscaldamento globale resterà entro il limite dei 2°C. Sta per uscire. Già, perché in effetti il paper sta ancora subendo il processo di peer review, ma i media, e non solo, già pullulano di commenti. Lo studio è comunque liberamente disponibile, sebbene l’editore specifichi di far riferimento, eventualmente, a quella che sarà la versione finale:

Ice melt, sea level rise and superstorms: evidence from paleoclimate data, climate modeling, and modern observations that 2°C global warming is highly dangerous

In un primo momento, avevo deciso di attenderne la pubblicazione, poi ho cambiato idea. Infatti, se l’autore si può permettere di far uscire i comunicati stampa e i commenti prima che i suoi pari abbiano valutato il lavoro, beh, l’ordine delle cose è alquanto sovvertito, perciò si può anche parlarne ex ante. Se vi interessa, hanno già fatto lo stesso molti altri, tra cui naturalmente anche Judith Curry e Antony Watts.

Nella fattispecie oggi faremo riferimento al commento uscito per primo, quello sul Washington Post. Una lettura molto benevola come è nello stile della testata quando si parla di disfacimento climatico, dalla quale apprendiamo anche che lo studio avrebbe sollevato qualche perplessità nell’ambiente del clima che conta, ma uno dei referi avrebbe già dato il suo benestare. Altra pratica alquanto strana, se si considera che normalmente gli incaricati di valutare un lavoro in corso di pubblicazione dovrebbero essere tenuti anonimi, onde evitare condizionamenti di vario genere.

Ad ogni modo, quello che ha destato la mia attenzione, è il discorso che Hansen fa sulle dinamiche del ghiaccio antartico e quindi sull’innalzamento del livello dei mari che uno scioglimento della calotta finirebbe per innescare.

Lo sforzo è quello di ‘giustificare’ la scomoda tendenza del ghiaccio marino antartico ad aumentare nel contesto di un pianeta che si scalda, tendenza che nessun modello di simulazione del clima riesce a replicare e che nessuno scienziato, nonostante molti tentativi, è ancora riuscito a spiegarsi e spiegare in modo convincente e misurabile. Secondo Hansen, il progressivo indebolimento della parte sottostante le sconfinate lingue di ghiaccio del bordo occidentale dell’Antartico, starebbe inondando di grandi quantità di acqua meno salata e più fredda le acque circostanti il continente, generando le condizioni favorevoli alla formazione di più ghiaccio.

La spiegazione è plausibile, sebbene tutta da verificare, ma ha il difetto di essere diversa da quelle che molti altri hanno provato a dare, come per esempio un presunto cambiamento della circolazione atmosferica causato a sua volta dal depauperamento dello strato di ozono che tenderebbe ad isolare l’Antartide dall’altrimenti imperante global warming planetario. Ed ha anche il difetto di essere diversa dalle dinamiche con cui i modelli climatici trattano la vicenda, essendo tutti concordi nell’immaginare ciò che lì non c’è, ovvero un riscaldamento e una diminuzione del ghiaccio marino.

L’unico modello giusto quindi sarebbe il suo, che però ha il difetto di non essere andato granché bene su tutto il resto, cioè sull’effettivo riscaldamento del pianeta, visto che le temperature sono ben al di sotto di quello che aveva previsto con uno scenario di emissioni in forte riduzione mentre lo scenario di riferimento attuale è quello delle emissioni in aumento. In pratica il pianeta si è scaldato poco come se si fosse interrotto il contributo umano, quando quest’ultimo è più incalzante che mai.

Hansen-vs-reality

Il meccanismo descritto sarebbe parte di una serie di feedback positivi che giungerebbero ad un aumento del rateo di scioglimento e conseguente accelerazione dell’innalzamento dei mari. Però, nonostante ci siano numerosi riferimenti alle dinamiche dell’albedo, ovvero quantità di radiazione riflessa verso l’alto da superfici ghiacciate in termini di paleoclima e di feedback positivo per la diminuzione del ghiaccio artico, non si fa menzione del feedback negativo dell’albedo, ossia il raffreddamento potenzialmente indotto da una maggiore superficie ghiacciata che riflette più radiazione solare impedendone l’assorbimento. Che è quello che sta succedendo in Antartide.

Alla fine, Hansen va contro il consenso, senza pensarci più di tanto, forse è per questo che i suoi colleghi, come si legge nel post di Judith Curry, sono rimasti un po’ freddini. Però, tra le spiegazioni già esistenti, quest’ultima di Hansen e quello che scaturisce dalle simulazioni appare chiara una cosa: ancora nessuno ci ha capito un gran che e si continua a considerare ‘anomalo’ che il ghiaccio marino antartico cresca, cosa reale e tangibile, perché le simulazioni, cosa virtuale e non verificabile, dicono che debba diminuire.

Lo studio è comunque molto esteso e tratta anche di molto altro, vedremo come andrà dopo la peer review e, soprattutto, dopo che il ghiaccio si sarà sciolto ;-). Per ora registriamo un altro significativo passo avanti del metodo e della divulgazione scientifica. Prima ti dico come stanno le cose sui giornali, poi, se mi pubblicano la ricerca, ti spiego anche perché.