Autore: Guido Guidi
Data di pubblicazione: 21 Dicembre 2016
Fonte originale: http://www.climatemonitor.it/?p=43073

 

E’ notizia di questi giorni che il transition team del neoeletto presidente americano abbia chiesto al DOE (dipartimento dell’energia) di venire a conoscenza dei nomi degli impiegati o funzionari che, a vario titolo, abbiano partecipato alle sessioni dei negoziati climatici (COP e meeting ONU vari) degli ultimi cinque anni. Non so se la lista dei quesiti (pare fossero 74) contenesse anche le spiegazioni, ma è facile immaginare che, trattandosi di pubblici funzionari, chi sta preparando il terreno per subentrare voglia sapere con chi avrà a che fare, dato che è noto che Trump ha delle idee abbastanza diverse da quelle del suo predecessore in materia di emergenza climatica.

Questo comunque non va bene, perché genera un clima da caccia alle streghe, sebbene qualcuno potrebbe obbiettare che, proprio in qualità di pubblici funzionari, sarebbe opportuno evitare di cadere nell’attivismo, a prescindere dalla causa per cui ci si “attiva”.

Il DOE, per questa e per diverse altre buone ragioni, ha ufficialmente risposto picche rifiutando di far nomi. Inutile dire che si sono levate subito alte le voci scandalizzate di tutti i duri e puri del clima, alcuni dei quali, tra l’altro, sono da qualche giorno impegnati in una paranoica campagna mediatica per, secondo loro, chiamare tutti quanti possono a “mettere al sicuro” i dati climatici prima che intervenga la scure di Trump. Non è ben chiaro cos’è che dovrebbe essere messo al sicuro, dal momento che i dati sono condivisi e sparsi su tutto il pianeta. Se quel che si vuole salvaguardare dovessero per esempio essere gli spesso imperscrutabili “massaggi” cui le serie storiche sono state sottoposte, ovvero i codici con cui vengono trattati i dateset, il peggio che può accadere è che si rivelino corretti e coerenti ad un esame non proprio benevolo. Ne saremmo tutti più sollevati.

Comunque, tornando alla “caccia alle streghe”, direi sia condivisibile quello che si chiede l’autore di questo post uscito su BloombergView e cioè: dov’erano i difensori della libertà di pensiero e di opinione, quindi di azione, quando vari procuratori generali (che negli USA sono funzionari pubblici eletti) mettevano sotto accusa l’altra parte della barricata perché “colpevole” di avere idee diverse da loro e da quelle del loro mandante politico in materia di clima che cambia? In quel caso, se qualche voce si è levata, lo ha fatto per dire che facevano bene, perché la causa climatica è troppo importante e si può anche derogare alle regole di libertà di opinione e di espressione.

Ecco, il punto è che ci sarà sempre qualcuno (c’è sempre stato in effetti) pronto a far valere il principio per cui certe idee sono più idee di altre, è per questo che esistono le regole, sarebbe opportuno ricordarsene sempre.