Riassumendo la prima parte, la violentissima eruzione sottomarina del ’99 è stata probabilmente determinante per la perdita di ghiaccio polare nel primo decennio 2000 e oltre. Inoltre, vi ricordate di questo?

“Il Centre for Polar Observation and Modelling dell’University College di Londra ed i loro colleghi del National Oceanography Centre, hanno individuato un rigonfiamento costituito di acqua dolce, proveniente dai fiumi europei e asiatici (nonché dall’aumentato scioglimento estivo dei ghiacci nel corso degli ultimi due decenni), nell’area Occidentale del Polo Nord. Essi stanno studiando il fenomeno attraverso i dati satellitari dell’Envisat e Ers-2. L’accumulo è accertato che va avanti dal 2001 (forse anche da prima); i flussi d’acqua fredda che finivano nella zona hanno cominciato ad accumularsi, creando una sorta di “cupola” che oggi supera i 15 centimetri di altezza. Si stima che al di sotto di essa siano pronti oltre 10 mila chilometri cubi di acqua… Il motivo per cui quest’acqua proveniente dal disgelo estivo, ora comincia a formare questo accumulo non è chiaro, ma si sospetta sia responsabilità dei forti venti artici…”

Se ci si fa caso, la cupola d’acqua dolce ha iniziato a formarsi dal 2000, proprio poco dopo la violenta eruzione sottomarina avvenuta nel settembre 1999. Molto probabilmente la causa scatenante è stata questa; l’eruzione, poi, ha anche apportato consistenti modifiche alla corrente marina della Beaufort Gyre.

Approfondendo, i Poli si trovano in corrispondenza dei punti dove origina il campo magnetico terrestre.

 

 

Questo porta a pensare che al di sotto dell’Artico e dell’Antartide via sia un’enorme quantità di magma, superiore a qualsiasi altro luogo della Terra. Ne consegue lo sviluppo di eruzioni vulcaniche sia in frequenza, che in potenziale decisamente maggiori rispetto ad altre aree del pianeta. Va da sé ipotizzare come una violenta eruzione sotto l’Artico, con annesso intenso terremoto, possa apportare importanti cambiamenti all’asse terrestre ed al campo magnetico.

Non pochi studiosi affermano che l’Artico debba essere totalmente (o quasi) privo di ghiaccio prima di una glaciazione. Dagli studi di paleoclimatologia, le ricostruzioni suggeriscono che il Polo Nord fosse libero dai ghiacci 120 mila anni fa, agli esordi dell’ultima glaciazione. Si può ipotizzare come a scatenare l’ultima fase glaciale sia stata una eccezionale eruzione sottomarina (assai più potente di quella del ’99), la quale sciolse completamente, o quasi, la calotta polare, e attraverso un poderoso tsunami riversò in Atlantico un’enorme quantità di acqua gelida e pezzi di ghiaccio di varie dimensioni. E’ come se nel giro di poche settimane tutta l’area compresa tra i 40 ed i 65 gradi nord del Nord Atlantico, si fosse ritrovata con temperature marine simili al Mar Glaciale Artico. Come se l’Artico si fosse improvvisamente allargato, e di parecchio. Si possono immaginare le conseguenze, anche piuttosto immediate. Ed effettivamente, sia nelle zone interne Groenlandesi sia nell’entroterra siberiano si sono ritrovati inconsueti resti di organismi marini, pesci, molluschi e conchiglie. Quando furono aperti i primi giacimenti di gas naturale vicino alle coste russe, ad esempio, sono stati rinvenuti scheletri di foche a quasi 10 miglia di distanza dal mare. Non penso che una foca sia arrivata lì da sola, vedendo come sono goffe ed estremamente lente fuori dall’acqua. Qualcosa deve averle catapultate lì.

Il campo magnetico terrestre ha origine principalmente nel nucleo (per il 90% circa). Tuttavia il suo andamento e durata viene influenzato dall’attività solare e da fattori orbitali. Esso, spiegandone il funzionamento in parole povere, è simile ad un alternatore. Come accade per alcuni tipi di pile, una volta che il flusso elettromagnetico si interrompe, bisogna invertire le polarità per farlo riprendere. Un ‘ulteriore conferma viene dal verificarsi ciclico del collasso del campo magnetico (ha una durata media, come le pile), così come ciclicamente si sviluppano le fasi glaciali (ogni 10-11.000 anni circa).
Ancora una volta viene messa in evidenza come la geologia terrestre, e quindi il magnetismo, abbiano un ruolo centrale nel clima. Nuove prove a sostegno della teoria che i collassi del campo magnetico terrestre e inversione dei Poli, avvengano in corrispondenza della fine degli stadi interglaciali. L’immane attività vulcanica scatenatasi di pari passo al collasso del magnetismo terrestre, aumenta enormemente il pulviscolo atmosferico e quindi la formazione di nubi, nonché schermazione dei raggi solari e raffreddamento dell’atmosfera. I vulcani sottomarini insieme all’arresto del ricambio d’aria poli-equatore, determinano un forte surriscaldamento degli Oceani. Durante l’ultima fase di passaggio tra interglaciale-glaciale, si stima le temperature degli oceani (fascia tropicale) fossero 10-15 gradi più elevate delle attuali, praticamente bollivano. L’elevatissima presenza di pulviscolo e vapore acqueo in atmosfera, si tradussero in mastodontiche alluvioni e tempeste; incessanti maxi bufere di neve, invece, sulle zone continentali dell’emisfero nord.

Ricapitolando, l’ipotesi più probabile è la seguente:
– alla fine dell’interglaciale, una straordinaria eruzione sottomarina nell’Artico scioglie completamente il ghiaccio;
– l’Atlantico settentrionale diventa una pozza d’acqua gelata, la circolazione termoalina si interrompe;
– il violento sconquasso avvenuto nell’Artico innesca l’inversione dei poli magnetici ed il campo magnetico inizia a collassare. Una forte attività vulcanica inizia anche in Antartide, propagandosi progressivamente al resto del Mondo;
– blocco della circolazione termoalina + forte schermazione dei raggi solari operata dai solfati vulcanici = RAPIDO ED INTENSO RAFFREDDAMENTO ATMOSFERICO; mari tropicali bollenti (causa cessato ricambio d’aria con i Poli+intensissimo vulcanismo sottomarino) = eccezionale evaporazione dei mari; abnorme presenza di vapore acqueo e pulviscolo atmosferico in atmosfera;
– violentissime tempeste, alluvioni e super grandinate si abbattono qua e là sulla Terra; le zone continentali settentrionali del nord emisfero vengono investite da incessanti bufere di neve; altre zone del pianeta sperimentano drammatiche siccità;
– nel giro di pochi anni, le calotte sono ormai formate, le tempeste di neve cessano e si instaurano anticicloni freddi permanenti sulle zone continentali del Nord emisfero;
– il clima si stabilizza, i terremoti e le eruzioni terminano, i poli magnetici risultano invertiti; inizia una nuova era.

Detto questo, l’Artico si conferma la “chiave” del clima terrestre ed i vulcani sotto di esso una mina vagante per il futuro della Terra.

Alessio

 

N.B. Attività Solare: Non abbiamo, ad oggi, la più pallida idea di quanti anni, decenni, secoli o millenni, mancano effettivamente alla fine dell’attuale interglaciale. Possiamo ipotizzare che ci siamo nel mezzo, ma non possiamo sapere tra quanti anni si verificheranno, e se lo faranno, gli eventi descritti da Alessio nel suo articolo.