Autore: Guido Guidi
Data di pubblicazione: 04 Settembre 2020
Fonte originale: http://www.climatemonitor.it/?p=53346
E’ il caso di dire che quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare. In queste ultime settimane, abbiamo assistito a delle performance previsionali davvero spettacolari, qualcosa che soltanto pochi anni fa non sarebbe stato immaginabile. La stagione degli uragani, specialmente in Atlantico, sta scorrendo con un’attività molto intensa, in linea con quanto era stato anticipato alla fine di maggio, quando l’analisi delle precondizioni aveva fatto pendere la bilancia verso un’anomalia positiva del numero delle tempeste attese (qui il nostro post di fine maggio). Almeno sin qui, le previsioni sono state rispettate, ma quello che sta stupendo davvero è la precisione chirurgica con cui è stata prevista l’evoluzione delle tempeste che sono arrivate sulla terraferma. Le zone di landfall sono state individuate con giorni di anticipo con una precisione dell’ordine di pochi chilometri.
Ognuno di questi eventi, ovviamente e giustamente, sta facendo notizia, perché l’arrivo di un uragano su un tratto di costa è sempre un evento estremamente pericoloso. E sta facendo notizia anche il fatto che la stagione sia molto attiva in termini di numero di eventi, cioè di tempeste che raggiungono l’organizzazione dinamica e l’intensità per essere nominate, cioè per entrare nella nomenclatura stagionale. Questo naturalmente dà la stura ad una serie di commenti in materia di clima che cambia. Quel che fa meno notizia, e invece dovrebbe ricevere maggiore attenzione, è che il numero degli eventi non è tutto, anzi, quel che conta è, soprattutto in termini climatici, l’intensità che questi raggiungono, le loro dimensioni e, soprattutto, l’accumulo di energia.
Infatti, dal momento che è effettivamente molto difficile misurare in valore assoluto l’intensità di un uragano, perché entrano in gioco non solo il vento più intenso, ma anche la durata e l’ampiezza dell’area interessata, per valutare la potenza di questi eventi si utilizza un indice definito ACE (Accumulated Cyclone Energy, qui per alcune informazioni sul calcolo) che, calcolato su ognuno degli eventi e poi sommato, restituisce un quadro abbastanza realistico dell’andamento di una stagione. Con riferimento all’energia accumulata, la stagione degli uragani 2020 è invece sorprendentemente sotto media, almeno fermando il conto al 1° di settembre.
Ora sta iniziando la fase della stagione che dovrebbe portare, secondo la climatologia, il picco dell’attività. La climatologia prevede che le probabilità più alte che gli impulsi in arrivo dall’Africa centrale evolvano in Tempeste Tropicali e uragani sono proprio nelle prime due settimane di settembre, fase in cui arriva normalmente anche il picco dell’energia accumulata, per cui è lecito attendersi altre situazioni difficili. E’ pur vero che il progredire della stagione interviene anche sulle traiettorie che poi questi eventi assumono, e aumentano anche le probabilità che possano scaricare gran parte dell’energia sull’oceano, perché inizia a cambiare anche la circolazione atmosferica delle latitudini extratropicali. Qui sotto un grafico che riporta proprio la media dell’indice ACE.
Come per tutte le cose, i conti comunque si faranno alla fine, per cui solo a fine stagione avrà senso tirare le somme. Nel frattempo, godiamoci questo scampolo di estate, questa sì, decisamente mediterranea!
Enjoy.