Autore: Guido Guidi
Data di pubblicazione: 28 Agosto 2016
Fonte originale: http://www.climatemonitor.it/?p=42030

rivol_industriale2Dov’è, dov’è il pulsante per spegnere il sole? Deve essere qui, da qualche parte.
Tranquilli, non voglio metter fine all’estate, a quello ci pensano già i meteo-tabloid, tra l’altro sbagliando per l’ennesima volta. Io il sole voglio proprio spegnerlo o, quanto meno, metterlo al minimo, in posizione idle, come direbbero quelli smart.
Perché? Beh, semplice, c’è qualcuno che lo ha già fatto è non ci ha detto come. È accaduto qualche secolo fa, più o meno tra il 1400 e il 1850: sole al minimo e clima freddo, il paradiso dei salva-pianeta praticamente. Specie se si dimenticano la fame, la peste e la carestia che hanno decimato a quel tempo la popolazione europea.
Del resto, abbiamo la manopola del clima, la CO2, e ne facciamo abbondante uso, perché non dovremmo avere il pulsante del sole?

Accade infatti che sia stato appena pubblicato uno studio in cui si afferma che l’impronta del piedone umano sul clima era già distinguibile dalla metà del 1800, ovvero all’inizio dell’era industriale. Il riscaldamento della porzione tropicale degli oceani dell’epoca è stato infatti sincrono con quello della terraferma dell’emisfero nord. Essendo il tutto accaduto quando abbiamo iniziato a emettere CO2 in atmosfera il collegamento è bello e fatto.

Early onset of industrial-era warming across the oceans and continents

Curiosamente però, ma questo lo ascriviamo alla complessità del sistema, l’emisfero sud avrebbe iniziato a scaldarsi molto più tardi, un ritardo tra l’altro che i modelli utilizzati per “testare” questa ipotesi non riescono a riprodurre. Chi lo avrebbe mai detto!

Sicché, senza alcuna cura per le proporzioni – se la CO2 emessa nella seconda metà del 1800 ha avuto già effetti, quella di oggi ci dovrebbe mandare arrosto – avendo assoluta fiducia nelle proprie assunzioni e, soprattutto, ignorando il fatto che una correlazione temporale non è un rapporto di causalità, ecco pronta la soluzione. I dati di cui disponiamo sulle temperature globali non sono buoni, non sono sufficientemente accurati per descrivere quello che – modelli alla mano – è un fatto inequivocabile: l’AGW è iniziato già da un paio di secoli.

Per cui, se abbiamo iniziato a scaldare il mondo da allora, vuol dire che lo abbiamo anche raffreddato prima, cioè quando c’era la Piccola Età Glaciale. Voglio sapere come, datemi il pulsante. Altrimenti potrebbe sfiorarmi l’idea che alla fine della PEG, quando il sole si è riacceso, il mondo si sia scaldato per quello. Questo, si sa, non è possibile.

Marò…che fatica…pure di domenica 😉

 


 

Autore: Guido Guidi
Data di pubblicazione: 02 Settembre 2016
Fonte originale: http://www.climatemonitor.it/?p=42154

 

slum-ingleseOggi va così, si rivedono i post 😉

Alcuni giorni fa abbiamo pubblicato il commento ad una ricerca apparsa recentemente su Nature che attribuisce al forcing antropogenico l’aumento delle temperature globali sin dall’inizio dell’era industriale, cioè da ben 180 anni. Un bel problema, perché un tale evento farebbe di un problema recente un problema endemico e ben più impattante sul sistema pianeta nel suo complesso. Forse…

Nel commento, un po’ scherzando un po’ no, avevo sottolineato il fatto che se l’impronta (emissioni soprattutto) che l’umanità era in grado di produrre due secoli fa, con la popolazione globale intorno al miliardo di individui e con la produzione industriale in embrione, dovesse essere stata già di così tangibile impatto, quella attuale dovrebbe schiacciare il pianeta. Cosa che non è, perché nel frattempo lo stesso impattatissimo pianeta sta diventando più verde e continua a produrre risorse a ritmi che non hanno mai smesso di accelerare (per chi non lo avesse capito, verde e risorse sono due cose strettamente collegate!).

Comunque, la mia era poco più di una considerazione a latere. Ora però la ritroviamo in numeri sul blog climateaudit.org, la bestia nera dell’AGW, dove gran parte delle manipolazioni statistiche dei dati a fini climatici sono da tempo analizzate e, per dirla con eleganza, destrutturate ;-). La firma del post è di Nic Lewis, un ricercatore che si è impegnato soprattutto nel settore della definizione della sensibilità climatica negli ultimi anni, ovvero nella ricerca del valore di quel parametro che dovrebbe dirci non se, ma quanto si può scaldare il pianeta in relazione all’aumento della concentrazione di gas serra e loro equivalenti o derivati.

E sono numeri che la dicono lunga. La base non è di sua proprietà, quanto piuttosto di proprietà dell’IPCC. Si tratta infatti delle stime sui fattori di forcing al bilancio radiativo che il “consenso” sulla ricerca scientifica in materia di clima ha raccolto nell’ultimo report del Panel Intergovernativo che tutti ci informa. Secondo quelle stime, secondo cioè quanto si pensa che pesassero i vari forcing antropici, emissioni e aerosol su tutti, la variazione del forcing radiativo totale dal 1830 – anno in cui nella serie storica si nota l’inversione di tendenza delle temperature – sarebbe stato di -0.01 w/m2, oppure di +0.1 W/m2 se si includono i forcing non antropici, aerosol e solare. Numeri che non sono credibili, nel senso che non è credibile che un forcing così piccolo possa aver prodotto alcunché.

Ma non è tutto, perché la parte più simpatica della destrutturazione è quella che conclude l’analisi di Nic Lewis:

Ironicamente, se i risultati di questo studio che datano al 1830 l’inizio del riscaldamento di origine antropica dovessero rivelarsi corretti, ciò significherebbe che il forcing antropogenico da aerosol è più debole di quanto stimato nel 5° report IPCC e quindi che le stime osservative sulla sensibilità climatica (sia all’equilibrio che transitoria) basate sui valori di forcing dello stesso report devono essere riviste al ribasso. Questo perché il forcing antropogenico totale sarebbe diventato abbastanza positivo da avere un impatto misurabile sulle temperature nel 1830 soltanto se le stime dell’AR5 dovessero sovrastimare in modo significativo il forcing antropogenico da aerosol.

In pratica, forse, ci converrebbe pure aver iniziato prima, perché questo vorrebbe piuttosto dire che abbiamo fatto molto meno danno. Si decidano però una buona volta e, soprattutto, ricordate che mentre le osservazioni sono sempre le stesse (almeno finché qualcuno non fa il gioco delle tre carte) quello che cambia da uno studio (peggiorativo) all’altro (catastrofico) è l’applicazione ossessiva di simulazioni modellistiche di un sistema che, di fatto, non conosciamo. Proprio come in questo caso.

 


 

Domanda di Attività Solare: Voi, cosa ne pensate?